A. Aspetti formali ed elementi generali > ASPETTI FORMALI ED ELEMENTI GENERALI
A.A.1 - (VERBALIZZAZIONE IN DATA SUCCESSIVA ALLA RIUNIONE - 1° pubbl. 9/04)
Qualora un verbale assembleare o consigliare sia ricevuto da un notaio per atto pubblico, e sia formato o terminato in giorno diverso e successivo rispetto alla data di svolgimento della riunione, il notaio che l’ha ricevuto dovrà iscriverlo nel proprio repertorio alla data di completamento, in quanto il repertorio è registro di atti e non di fatti.
A.A.2 - (LEGITTIMAZIONE A RICHIEDERE L’ISCRIZIONE DI UN ATTO COSTITUTIVO DI SOCIETÀ DI CAPITALI - 1° pubbl. 9/04)
Unici soggetti legittimati a richiedere l’iscrizione di un atto costitutivo sono il notaio che lo ha ricevuto e ciascuno degli amministratori della società, salva l’ipotesi di cui al comma 2 dell’art. 2330 c.c.
A.A.3 - (PARTECIPAZIONE DI STRANIERI A SOCIETÀ ITALIANE - 1° pubbl. 9/04 - modif. 9/05)
Un cittadino straniero non può partecipare a società italiane se, in base al principio di reciprocità, al cittadino italiano non sia consentito partecipare a società nello stato estero di appartenenza dello straniero.
Tale principio non si applica ai cittadini stranieri titolari di carta di soggiorno, ovvero di permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato o di lavoro autonomo o per l’esercizio di un’impresa individuale, e per i relativi familiari in regola con il soggiorno, i quali tutti sono pertanto sempre legittimati a partecipare a società italiane.
A.A.4 - (RAPPRESENTANZA DI ENTI STRANIERI - 1° pubbl. 9/04)
I rappresentanti di enti o società straniere che partecipano a società italiane debbono essere legittimati secondo le norme del proprio ordinamento.
A.A.5 - (RISERVA AI NOTAI DELLA RICEZIONE DI ATTI SOCIETARI - 1° pubbl. 9/04-motiv.9/15)
I pubblici ufficiali abilitati alla ricezione di atti pubblici, quali i segretari comunali, gli ufficiali roganti o i diplomatici all’estero, non possono ricevere atti costitutivi o modificativi di società di capitali, essendo tale competenza riservata ai notai che svolgono anche la funzione di controllo di legalità ai sensi degli artt. 2330, comma 1, e 2436, comma 1; c.c. richiamati anche in materia di s.r.l. e di cooperative.
A.A.6 - (STATO DI COSTITUZIONE DI ENTI SOCI DI SOCIETÀ DI CAPITALI - 1° pubbl. 9/04 – modif. 09/06)
Nell’atto costitutivo delle società di capitali e delle cooperative è necessario indicare lo stato di costituzione degli eventuali enti soci diversi dalle persone fisiche e non anche la data in cui detti enti soci sono stati costituiti.
A.A.7 - (DURATA PRIMO ESERCIZIO DI UNA SOCIETÀ DI CAPITALI - 1° pubbl. 9/04 - modif. 9/05-9/11 – motivato 9/11)
Il primo esercizio sociale di una società di capitali può avere eccezionalmente una durata ultrannuale, purché non scada oltre il quindicesimo mese successivo alla formazione dell’atto costitutivo.
Motivazione
Come è noto il codice civile non detta una norma esplicita sulla durata degli esercizi sociali, né impone la determinazione contrattuale della data di chiusura degli stessi.
Ancor meno si preoccupa di dettare una disciplina relativa al primo esercizio.
La regola dell’annualità è ricavabile tuttavia con chiarezza, oltre che dall’intero sistema, dalla disposizione contenuta nell’art. 2364, comma 2, c.c., nella parte in cui prevede l’obbligo di convocazione dell’assemblea ordinaria almeno una volta l’anno, entro centoventi o, ricorrendone le condizioni, centottanta giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale.
Tale regola assume i connotati di vero e proprio principio di ordine pubblico, in quanto le risultanze del bilancio sono destinate a generare affidamento nei soci, nei creditori, nei terzi e nella collettività economica in generale, sulla reale situazione economica e finanziaria della società.
E’ tuttavia evidente che un bilancio riferito ad un esercizio di durata inferiore o superiore ai dodici mesi, per quanto redatto con assoluta correttezza, è con ogni probabilità destinato a non essere rappresentativo del reale andamento della società, in quanto non può tener conto della fisiologica ciclicità annuale della stragrande maggioranza delle attività economiche (peraltro posta a base anche del sistema tributario).
L’annualità degli esercizi costituisce infatti un presupposto essenziale per la formazione di bilanci che rappresentino in maniera chiara, veritiera e corretta la situazione patrimoniale e finanziaria delle società e il risultato economico d’esercizio (art. 2423, comma 2, c.c.) e che, soprattutto, siano tra loro confrontabili in una logica di continuità ed omogeneità (art. 2423 bis, comma 1, n. 6, c.c.).
E’ inoltre da considerare che il bilancio non deve essere redatto in una prospettiva statica, bensì seguendo la logica dinamica dettata appunto dalla ciclicità annuale dell’economia, cioè nella prospettiva della continuità dell’attività (art. 2423 bis, comma 1, n. 1, c.c.).
La regola dell’annualità dell’esercizio appare dunque in linea di principio non derogabile, né in aumento né in diminuzione.
L’esigenza, tuttavia, di far coincidere l’esercizio sociale con l’anno solare o, quanto meno, con l’ultimo giorno di un determinato mese, rende di fatto impossibile l’applicazione di tale regola al primo esercizio, in quanto lo stesso non può che avere la durata necessaria per portare a regime l’annualità dedotta nel contratto.
Le possibili opzioni per portare a regime l’esercizio sociale sono ovviamente due: quella di prevedere un primo esercizio di durata inferiore ai dodici mesi, ovvero superiore.
Entrambe le opzioni possono tuttavia portare alla formazione di bilanci non rappresentativi.
Un bilancio, ancorché riferito al primo esercizio, può rappresentare il reale andamento economico della società, in una prospettiva di continuità aziendale, privilegiando la sostanza sulla forma, solo se sia riferito ad un periodo di tempo “autonomamente significativo”, intendendosi come tale un arco temporale che consenta di evidenziare risultati il più possibile confrontabili con un bilancio a regime, ancorché proporzionalmente rapportati alla maggior o minor durata del periodo preso in esame rispetto all’annualità.
Che il primo esercizio debba essere riferito ad un periodo “autonomamente significativo” non dipende solo dall’esigenza di rispettare i principi di corretta rappresentatività del bilancio, ma anche da quella, sempre di ordine pubblico, di non eludere il disposto dell’art. 2435 bis c.c., che alle risultanze di tale esercizio fa riferimento (con valore addirittura analogo a quello del risultato di due esercizi consecutivi) per consentire o meno la redazione del bilancio in forma abbreviata e, nelle srl, per la nomina obbligatoria del collegio sindacale (art. 2477 c.c.).
Definire astrattamente il limite temporale di significatività di un esercizio, nel senso sopra esposto, è ovviamente impossibile, anche perché ben può accadere che un’operazione economicamente assai rilevante sia perfezionata in un giorno, come anche che non accada nulla di significativo per mesi.
È tuttavia certo che un bilancio che prenda in considerazione un periodo di pochi giorni non può che fornire una rappresentazione alterata della situazione aziendale.
A maggior ragione se l’esercizio di pochi giorni preso in considerazione sia il primo, poiché è normale che nella fase di costituzione la società non abbia entrate ma solo uscite, in particolare quelle collegate ai costi di impianto (consulente, notaio, imposte, oneri di vidimazione, ecc.), che se non ammortizzati ai sensi del n. 5) dell’art. 2426 c.c. potrebbero addirittura incidere sul capitale sociale, se di entità modesta, in misura superiore al terzo, integrando così una causa di scioglimento.
Un bilancio riferito ad un esercizio di pochi giorni subirebbe poi le ulteriori distorsioni derivanti dai criteri di arrotondamento, previsti in maniera non omogenea da varie disposizioni. Si pensi, ad esempio, all’ipotesi di un esercizio di durata inferiore ai 15 giorni, nel cui bilancio lo stipendio dei dipendenti andrebbe indicato per l’esatto numero di giorni di durata dell’esercizio, mentre il relativo T.F.R. non andrebbe indicato, dovendosi arrotondare al mese solo per periodi superiori ai 15 giorni ai sensi dell’art. 2120, comma 1, ultimo periodo, c.c.
Se la previsione di un primo esercizio di pochi giorni difficilmente potrà soddisfare l’esigenza della formazione di un bilancio “rappresentativo”, analogamente potrà accadere anche nel caso di un bilancio riferito ad un periodo ultrannuale.
In tale ipotesi, infatti, i risultati di esercizio saranno potenzialmente inquinati dalla aggiunta al risultato di un ciclo economico annuale di una porzione del ciclo precedente o successivo.
Ulteriore elemento che assume rilevanza nella determinazione contrattuale della durata del primo esercizio sociale è l’incertezza della sua decorrenza.
La società verrà infatti ad esistenza con l’iscrizione nel registro imprese che, legittimamente, può essere richiesta dal notaio nei 20 giorni successivi alla sua costituzione, e che può essere, altrettanto legittimamente, evasa dal registro nei 5 giorni lavorativi successivi.
Prevedere dunque che il primo esercizio di una società costituita i primi giorni di un determinato mese (ad esempio dicembre) si chiuda l’ultimo giorno di tale mese potrebbe in concreto coincidere con la previsione che la sua chiusura sia anteriore alla sua apertura.
Preso dunque atto che non è possibile individuare un termine di durata del primo esercizio sociale che sia pienamente coerente con il sistema, ma che tale individuazione è comunque necessaria, rispondendo ad un esigenza concreta insopprimibile non considerata dal legislatore, la precedente versione dell’orientamento in commento (settembre 2004) era stata formulata con spirito pragmatico, sottraendo al termine di sedici mesi (da sempre ritenuto legittimo nel Triveneto all’epoca dell’omologa giudiziale degli atti costitutivi) i due mesi che erano mediamente necessari per l’omologa, ormai soppressa, arrivando quindi a ritenere possibile un primo esercizio di durata non superiore ai quattordici mesi (la commissione mista triveneta magistrati-notai-commercialisti, allora operante, aveva approvato nel 1995 la seguente massima: “P/1 – La disposizione dell’art. 2364, comma 2, che stabilisce la durata annuale dell’esercizio sociale, è inderogabile. La durata annuale può coincidere o meno con l’anno solare. Il primo esercizio sociale può avere eccezionalmente una durata ultrannuale quando la società viene costituita successivamente al 1° settembre di ciascun anno”).
La prassi nazionale si è da allora evoluta, al punto che è ora possibile riconoscere la prevalenza dell’opinione di chi ritiene legittimo un primo esercizio di durata non superiore ai quindici mesi (vedi: massima n. 116 della Commissione Società del Consiglio Notarile di Milano; Caso n. 7/2010 Assonime).
Preso atto di tali prassi, e nel presupposto che l’individuazione della regola della durata del primo esercizio, quale che essa sia, deve essere la più omogenea e condivisa possibile su tutto il territorio nazionale, in omaggio al principio della certezza del diritto, nella versione 2011 dell’orientamento in commento si è ritenuto di aderire al suddetto termine di quindici mesi.
Tale termine consente comunque di bilanciare gli interessi sottostanti alla regola dell’annualità dell’esercizio, senza alterare in maniera significativa l’obbligo di verifica e pubblicità periodica dei risultati economici e patrimoniali dell’attività sociale.
I tre mesi coincidono infatti con il periodo minimo che l’ordinamento ha individuato per le verifiche obbligatorie del collegio sindacale (art. 2404 c.c.), il quale, anche se nel caso concreto potrebbe non effettuare la revisione dei conti, ha comunque funzioni di verifica dell’assetto contabile della società e del suo concreto funzionamento (art. 2403 c.c.).
Se dunque il periodo di novanta giorni coincide con quello massimo all’interno del quale non è necessario effettuare verifiche nelle società azionarie e nelle srl di maggiori dimensioni (quelle dotate di collegio sindacale), lo stesso deve necessariamente essere congruo anche ai fini dell’individuazione di quello massimo non autonomamente rilevabile in un bilancio di esercizio di una società di qualunque dimensione.
A.A.8 - (ATTI DI UNA SOCIETÀ DI CAPITALI COMPIUTI PRIMA DELL’ISCRIZIONE - 1° pubbl. 9/05)
Prima dell’iscrizione nel registro delle imprese di una società di capitali non esistono soggetti legittimati ad obbligare la società.
A.A.9- (COMPUTO DEI TERMINI – 1° pubbl. 9/09)
Il computo dei termini nel diritto delle società, in mancanza di una diversa disposizione espressa, soggiace alle regole ordinarie del codice civile (artt. 1187 e 2963 c.c.).
Non è quindi possibile ritenere come riferito a “giorni liberi” un termine previsto da una disposizioni di legge o di contratto che non imponga espressamente tale modalità di calcolo.
A.A.10 - (NATURA DI VERBALE DELL’ATTO PUBBLICO NOTARILE CHE RECEPISCE LE DETERMINAZIONI DEGLI ORGANI MONOCRATICI - 1° pubbl. 9/13 – motivato 9/13)
Le determinazioni degli organi monocratici delle società (amministratore unico e liquidatore unico) hanno la stessa identica natura delle analoghe deliberazioni degli organi collegiali. Le medesime costituiscono un elemento del procedimento endosocietario di formazione della volontà sociale, non assurgono al rango di negozi giuridici autonomi e si formalizzano attraverso la loro enunciazione al notaio.
L’atto pubblico con il quale vengono recepite le determinazioni degli organi monocratici ha dunque la natura di verbale e soggiace alle regole di ricevibilità e di controllo di legittimità da parte del notaio previste par tali atti.
A ciò consegue che il notaio non può rifiutarsi di far constare dal verbale le determinazioni assunte in sua presenza da un organo monocratico, anche se contrarie a norme espresse o all’ordine pubblico.
A.A.11 - (LEGITTIMITÀ DELLE PARTECIPAZIONI DI ASSOCIAZIONI PROFESSIONALI IN SOCIETÀ - 1° pubbl. 9/18)
Appare legittima l'assunzione di partecipazioni, anche in società di capitali, da parte di associazioni fra professionisti.
A.A.12 - (INSUSSISTENZA DELL’OBBLIGO DI INTERVENTO IN ATTO DI “COMPARENTI” NEI VERBALI DI CONSTATAZIONE REDATTI DA NOTAIO - 1° pubb. 9/22)
I verbali di constatazione, come quelli relativi alle delibere degli organi collegiali di società o alle determine dei loro organi monocratici, redatti da notaio nella forma dell’atto pubblico sono atti senza parti, i medesimi non richiedono pertanto l’intervento necessario di alcun comparente né la sottoscrizione da parte di soggetti ulteriori e diversi rispetto al pubblico ufficiale accertante i fatti verbalizzati.
La particolare efficacia probatoria prevista dall’art. 2700 c.c. di detti atti, infatti, è riferita unicamente alle attestazioni fatte dal pubblico ufficiale.
Non è tuttavia inibito al notaio verbalizzante di costituire in atto determinati soggetti, quali il presidente di un’assemblea o tutti i soci in essa intervenuti, ma anche in tal caso il verbale rimane atto senza parti per cui l’eventuale mancato rispetto dei formalismi previsti della Legge notarile per gli atti con l’intervento di parti non ne inficia la validità.
A.A.13 - (VERBALE DI ASSEMBLEA CON INTERVENTO MEDIANTE MEZZI DI TELECOMUNICAZIONE - 1° pubb. 9/22)
Il verbale redatto da notaio delle riunioni assembleari di società di capitali svoltesi esclusivamente o parzialmente mediante mezzi di telecomunicazione soggiace alle stesse regole ed alle stesse modalità redazionali di quello relativo ad assemblee svoltesi con l’intervento in presenza fisica di tutti i partecipanti.
Lo stesso, pertanto, oltre a contenere gli elementi formali richiesti dalla forma pubblica (vedi orientamento A.A.12), dovrà riportare quanto richiesto espressamente o implicitamente dal combinato disposto degli artt. 2375 e 2371 c.c. per ogni tipo di assemblea.
In particolare dovrà indicare:
1) la data dell’assemblea;
2) l’identità del soggetto che assume la presidenza e le modalità della sua designazione;
3) l’identità, anche in allegato, dei partecipanti e il capitale rappresentato da ciascuno, come accertati dal presidente;
4) l’identità dei membri degli organi sociali (gestori e di controllo) intervenuti, come accertati dal presidente;
5) gli esiti degli accertamenti eseguiti dal presidente in ordine alla regolare costituzione dell’assemblea e all’identità e legittimazione dei presenti;
6) le modalità e il risultato delle votazioni, con l’identificazione, anche in allegato, dei soci favorevoli, astenuti o dissenzienti, come accertati dal presidente;
7) il riassunto delle dichiarazioni pertinenti all’ordine del giorno dei soci che ne abbiano fatto richiesta;
8) l’attestazione, se del caso, che il presidente si è avvalso di un ufficio di presidenza o di scrutatori per eseguire gli accertamenti di cui deve dare conto nel verbale;
9) le eventuali incongruenze riscontrate dal notaio tra quanto da lui percepito in assemblea e quanto il presidente gli dichiara di aver accertato.
A quanto sopra consegue che:
- i mezzi di telecomunicazione adottati dovranno permettere al notaio di percepire personalmente quanto avvenga durante tutto il corso dell'assemblea;
- il notaio dovrà raggiungere la certezza dell’identità personale del presidente e verificare la sua legittimazione formale a presiedere l’assemblea (anche se non vi è obbligo di fare menzione in atto di tali circostanze - vedi orientamento A.A.12).
Anche nelle assemblee con interventi mediante mezzi di telecomunicazione spetta al notaio verbalizzante la scelta di procedere con la redazione di un verbale contestuale o non contestuale, così come quella di far comparire o meno in atto il presidente dell'assemblea.
A.A.14 - (COINCIDENZA DELLE VERIFICHE NOTARILI RICHIESTE DALLE ASSEMBLEE IN PRESENZA CON QUELLE RICHIESTE DALLE ASSEMBLEE CON INTERVENTO A DISTANZA - 1° pubb. 9/22)
La circostanza che un’assemblea si sia tenuta con l’intervento in presenza dei partecipanti o con il loro intervento, totale o anche solo parziale, con mezzi di telecomunicazione non assume alcuna rilevanza in ordine ai controlli e alle verifiche che deve effettuare il notaio al fine di:
1 - attribuire ai fatti da lui testimoniati nel verbale la qualifica di “riunione assembleare” di una determinata società;
2 - verificare l’adempimento delle condizioni stabilite dalla legge nel caso di adozione di delibere soggette ad “omologa”.
Le diverse modalità di svolgimento dell’assemblea influenzano unicamente la tipologia di detti controlli e verifiche in quanto gli stessi non sono standardizzati ma devono essere adeguati, secondo il libero apprezzamento del notaio, al caso concreto.
Per attribuire ai fatti cui ha assistito il notaio la qualifica di “riunione assembleare” di un determinata società, sia nel caso di assemblea telematica che di assemblea in presenza, appare necessario che lo stesso verifichi la corrispondenza di quanto accaduto e percepito con quanto richiesto dalla legge e dallo statuto perché si verifichi tale fattispecie, nonché l’identità personale del presidente e la sua legittimazione formale a presiedere quella specifica assemblea.
Per la verifica delle condizioni richieste dalla legge al fine di “omologare” le delibere adottate da assemblee tenute con mezzi di telecomunicazione il notaio dovrà prestare particolare attenzione alla circostanza che sia stato rispettato il metodo collegiale.
In ogni caso i poteri di verifica e accertamento di cui all’art. 2371 c.c. spettano al presidente dell’assemblea, fermo restando l’obbligo del notaio di evidenziare nel verbale le eventuali incongruenze tra quanto dichiarato dal presidente con quanto da lui percepito o a lui noto.
A.A.15 - (LEGITTIMITA’ DELLE CLAUSOLE CHE PREVEDONO LO SVOLGIMENTO DI UNA ATTIVITA’ ECONOMICA CON CRITERI DIVERSI DA QUELLO DEL MASSIMO PROFITTO - 1° pubb. 9/22)
Nel nostro ordinamento non sussiste alcuna disposizione positiva o principio di diritto che imponga agli amministratori di società lucrative di attuare l’oggetto sociale avendo riguardo al solo interesse dei soci alla massimizzazione dei profitti.
Al contrario, l’art. 41, comma 2, Cost. dispone che l’esercizio di una qualunque attività economica, ossia la ricerca di un profitto, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
A quanto sopra consegue che sono legittime le clausole dell’atto costitutivo/statuto che, fermo restando quanto genericamente disposto dall’art. 41 Cost., dettano specifiche regole etiche e/o di sostenibilità che devono essere rispettate nella gestione della società, anche a scapito della massimizzazione dei profitti e della efficienza produttiva.
E’ così ad esempio possibile prevedere che la società debba applicare ai propri lavoratori trattamenti più favorevoli rispetto a quelli di mercato o che debba adottare procedure produttive che generino un impatto ambientale inferiore rispetto a quello ammesso dalle leggi o regolamenti vigenti.