A.B. ESG e clausole di sostenibilità > ESG e clausole di sostenibilità
A.B.1 - (LEGITTIMITÀ DELLE CLAUSOLE CHE PREVEDONO LO SVOLGIMENTO DI UNA ATTIVITÀ ECONOMICA CON CRITERI DIVERSI DA QUELLO DEL MASSIMO PROFITTO - 1° pubb. 10/23 – motivato 10/23)
Nel nostro ordinamento non sussiste alcuna disposizione positiva o principio di diritto che imponga agli amministratori di società lucrative di attuare l’oggetto sociale avendo riguardo al solo interesse dei soci alla massimizzazione dei profit-ti.
Al contrario, l’art. 41, comma 2, Cost. dispone che l’esercizio di una qualunque attività economica, ossia la ricerca di un profitto, non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicu-rezza, alla libertà, alla dignità umana.
A quanto sopra consegue che sono legittime le clausole dell’atto costituti-vo/statuto che, fermo restando quanto genericamente disposto dall’art. 41 Cost., dettano specifiche regole etiche e/o di sostenibilità che devono essere ri-spettate nella gestione della società, anche a scapito della massimizzazione dei profitti e della efficienza produttiva.
Dette clausole integrano esclusivamente una modalità di perseguimento del fine di lucro senza aggiungere ad esso un ulteriore fine di utilità sociale, fine quest’ultimo di per sé estraneo al contratto di società come definito dall’art. 2247 c.c. e che pertanto non può essere inserito nell’oggetto sociale.
Motivazione
Nell’edizione 2023 della raccolta degli orientamenti è stato istituito il presente paragrafo A.B. dedicato ai temi ESG (Environmental, Social, Go-vernance) e alle clausole sulla sostenibilità. L’Orientamento A.A.15 pub-blicato nel 2022, che affrontava per primo tali argomenti, è stato quindi abrogato per motivi sistematici e qui trasferito con lievi modifiche e con la individuazione alfanumerica A.B.1.
Sono definite “clausole di sostenibilità” tutte le clausole statutarie che costi-tuiscono espressione di ideali collettivi, valori sociali e principi etici, quali la pro-tezione dell’ambiente, la promozione del lavoro, la cura e il benessere dei dipen-denti e della collettività, e in generale di un impegno di salvaguardia dei diversi interessi non economici implicati nell’attività di impresa, potendosi le medesime declinare non solo sul piano della perimetrazione dell’attività che costituisce l’oggetto sociale, ma anche sul piano delle modalità di conseguimento dello stes-so, con funzione di definizione delle linee di condotta degli amministratori sia in forma impositiva di strategie o categorie di operazioni, che in forma preclusiva delle stesse.
Dette clausole si differenziano dalla previsione statutaria “pura” di eterodestinazione di utili – legittima alla luce della giurisprudenza, sia di merito che di legittimità – poiché in esse la sostenibilità, come sopra definita, colora e informa di sé l’operato degli amministratori, assur-gendo a criterio di qualificazione [per la giurisprudenza in tema di pre-visione statutaria pura di eterodestinazione degli utili cfr. Tribunale di Perugia 26 aprile 1993: “Può essere introdotta a maggioranza una clau-sola statutaria che imponga all'assemblea la destinazione di una parte degli utili netti annuali in beneficenza, quando essa non sia incompatibi-le con lo scopo di lucro, desumibile dallo statuto nel suo complesso, e la prevista eterodestinazione degli utili sia giustificata dallo scopo di pro-muovere, anche indirettamente, l'immagine della società”; Cassazione 11 dicembre 2000, n. 15599: “la fusione per incorporazione tra società di capitali, pur comportando effetti più pregnanti rispetto ad una modifica dell'atto costitutivo, deve essere deliberata dall'assemblea straordinaria delle società che vi partecipano, con le maggioranze all'uopo previste, e non all'unanimità, a nulla rilevando che, come nella specie, lo statuto della società incorporante prevedeva una clausola di destinazione di una parte degli utili in beneficenza, giacché tale clausola non incide sulla comunione di interessi creata con il contratto sociale e non è idonea, in linea di principio, ad eludere lo scopo lucrativo perseguito dalla socie-tà”]..
Per effetto di tali clausole di sostenibilità i diversi interessi coinvolti nell’esercizio dell’attività di impresa finiscono per connotare le modalità di svolgimento della stessa, generando un circolo virtuoso che, tramite il bilanciamento dell’interesse dei soci alla massimizzazione del profitto con quelli degli stakeholders, integra il progresso sociale nel processo di sviluppo economico dell’impresa e consente nel lungo termine alla stes-sa di differenziarsi sul mercato, acquisire efficienza e aumentare le pro-prie competitività e produttività.
Ciò considerato, simili clausole statutarie di sostenibilità si ritengono legittime, anche in mancanza di adozione della qualifica di società be-nefit di cui all’art. 1, commi 376 e seguenti della L. 28 dicembre 2015 n. 208.
Infatti, se il dichiarato scopo della citata disciplina sulle società bene-fit è quello di “promuovere la costituzione e favorire la diffusione” di società che perseguano, nell’esercizio dell’attività economica, finalità di “beneficio comune”, non può non ritenersi ammissibile il perseguimen-to di analoghe finalità senza che ad esso siano ricollegabili i vantaggi reputazionali derivanti dall’utilizzo della denominazione “società bene-fit”, peraltro meramente facoltativo e, se abusivo, sanzionato ai sensi delle disposizioni in materia di pubblicità ingannevole e del codice del consumo.
In altri termini il perseguimento di finalità di beneficio comune è consentito, nei limiti di cui infra, a qualsiasi società lucrativa, ma solo quelle che adempiano gli oneri previsti dalla legge possono avvalersi della denominazione privilegiata.
Con riguardo al modello azionario, in relazione al quale la rigidità della struttura organizzativa circoscrive la possibilità che lo statuto at-tribuisca competenze gestorie agli azionisti, l’ammissibilità delle “clau-sole di sostenibilità” trova un doppio limite:
- sul piano funzionale, nel carattere produttivo dell’attività d’impresa e nello scopo lucrativo dell’iniziativa societaria, che non sono revocabili in dubbio dall’autonomia statutaria;
- sul piano endo-organizzativo, nel principio di esclusività della fun-zione gestoria che presidia il ruolo dell’organo amministrativo nella so-cietà per azioni, il quale non è riducibile a mera attuazione di un pro-gramma predefinito che identifichi una determinata attività nei singoli atti destinati a comporla.
Sono dunque ammissibili clausole statutarie che si limitino ad inne-stare interessi diversi nell’ambito della funzione lucrativa tipica dell’istituto societario nella misura in cui la seconda non ne risulti so-stanzialmente compromessa (detto limite è stato evidenziato anche dal-la giurisprudenza sopra citata, pur in tema di eterodestinazione “pura” degli utili).
Non si ritiene ammissibile, invece, la previsione, tra quelle che costi-tuiscono l’oggetto sociale, di attività ideali che affianchino, seppure in modo non prevalente, quelle economiche.
Quindi il primo strumento di intervento statutario in funzione dell’inserimento di finalità di sostenibilità è l’agire sul piano della peri-metrazione dell’attività economica che costituisce l’oggetto sociale. Tale perimetrazione ha l’effetto di vincolare l’organo gestorio in quanto pone una limitazione dei poteri dello stesso in relazione al disposto del art. 2380 bis c.c. (quantomeno sul piano interno, posto che nei rapporti esterni vige il principio di cui all’art. 2384, comma 2 c.c.).
Parallelamente alla perimetrazione dell’attività economica che costi-tuisce l’oggetto sociale è possibile statutariamente operare in funzione della sostenibilità, ponendo limitazioni ai poteri gestori ex art. 2384, comma 2 c.c. Entrambi tali strumenti concorrono a determinare com-plessivamente le prerogative gestorie dell’organo amministrativo, fermo il principio dell’esclusività dei poteri gestori in capo al medesimo orga-no. Non contraddice tale fondamentale principio della s.p.a. la possibili-tà che il compimento di specifici atti gestori sia eventualmente subordi-nato all’autorizzazione dell’assemblea ordinaria ex art. 2364, comma 1, n. 5) c.c., considerata la valenza meramente autorizzativa della stessa e ferma in ogni caso la responsabilità dell’organo gestorio per gli atti compiuti. Anche tale strumento potrà essere utilizzato per circoscrivere e modellare l’operatività dell’organo gestorio in funzione della sostenibi-lità.
Pertanto, le clausole di sostenibilità possono essere declinate sul piano delle modalità di conseguimento dello stesso oggetto sociale, quali l’enunciazione dei principi etico-sociali che dovranno informare l’operato dell’organo amministrativo ovvero la definizione delle linee di condotta del medesimo organo, sia in forma impositiva che in forma preclusiva rispetto all’adozione di determinate strategie o categorie di operazioni.
Solo all’interno quindi della struttura così delineata opera il principio di esclusività della funzione gestoria. Tali clausole rappresentano, infat-ti, una “limitazione” statutaria ai poteri gestori dell’organo amministra-tivo ex art. 2384, comma 2, c.c. – o, per meglio dire, disciplinano i poteri dell’organo amministrativo – e incidono dunque, nei soli rapporti inter-ni, sulla responsabilità in capo allo stesso.
Dal punto di vista operativo in realtà tali clausole ampliano la di-screzionalità dell’organo amministrativo, riconoscendo allo stesso la possibilità di definire strategie d’impresa volte al raggiungimento di un equilibrio tra i diversi interessi implicati nonché di assumere decisioni gestorie che non abbiano come obiettivo esclusivo quello di incrementa-re la redditività della partecipazione sociale e che, nel breve periodo, possano anche avere un impatto negativo sulla stessa, purché in un’ottica di complessiva crescita del valore della società (per tutte le considerazioni svolte e per ulteriori approfondimenti sul tema si rinvia a Marco Cian, “Clausole statutarie per la sostenibilità dell’impresa: spazi, limiti e implicazioni” in Riv. Soc., 2-3, 2021, 475 ss.).
Con particolare riguardo alla clausola di destinazione di utili a finali-tà di sostenibilità, è opportuno precisare che l’eterodestinazione deve comunque essere funzionale o correlata allo svolgimento dell’attività economica che costituisce l’oggetto sociale e che, avendo la decisione di effettiva destinazione di un determinato importo ad un determinato be-neficiario carattere gestorio, all’assemblea dei soci può essere statuta-riamente consentito esclusivamente di subordinare la decisione gestoria medesima alla preventiva autorizzazione dell’assemblea ordinaria ai sensi dell’art. 2364, comma 1, n. 5 c.c. ovvero al rispetto di un limite massimo previsto dallo statuto (che, in analogia con quanto previsto dall’art. 2447-bis c.c. in tema di patrimoni destinati ad uno specifico af-fare nonché dall’art. 13 D. Lgs. n. 36/2021 in tema di società sportive professionistiche, potrebbe essere rappresentato dal 10% degli utili).
Per quanto riguarda la previsione nelle decisioni dell’organo ammi-nistrativo di integrazione degli interessi degli stakeholders o di obblighi di consultazione con gli stessi, resta inteso che tali obblighi assumono rilievo esclusivamente procedimentale senza poter giungere a imporre agli amministratori l’esecuzione di atti gestori, la cui decisione rimane necessariamente, così come la correlativa responsabilità, in capo all’organo amministrativo medesimo.
Infine, è possibile prevedere requisiti di carattere etico per l’assunzione delle partecipazioni sociali. Tale clausola assume la quali-fica di clausola di gradimento con la necessità che siano analiticamente indicati i requisiti di sostenibilità che deve rivestire il socio al fine di non spostare la clausola nell’ambito del gradimento mero.
A.B.2 - (SPA - CLAUSOLA DI DESTINAZIONE DI UTILI A FINALITÀ DI SOSTENIBILITÀ- 1° pubb. 10/23 – motivato 10/23)
È legittima la clausola statutaria che preveda la destinazione parziale di utili alla cura di interessi correlati alla natura dell’attività di impresa esercitata, a condi-zione che:
- la finalità ideale non assuma connotati idonei a pregiudicare lo scopo lucrativo dell’iniziativa;
- la destinazione e il relativo importo non siano predeterminati, essendo la fun-zione gestoria insuscettibile di essere ridotta a mera esecuzione di un progetto puntualmente determinato.
L’effettiva destinazione e l’importo da destinare saranno determinati dall’organo amministrativo sulla base degli utili risultanti dal bilancio di eserci-zio sottoposto all’approvazione dell’assemblea, nel rispetto del limite massimo fissato ex ante nella clausola statutaria di destinazione oppure previa autorizza-zione dell’assemblea ordinaria ai sensi dell’art. 2364, comma 1, n. 5 c.c., se ri-chiesta dalla medesima clausola statutaria.
Motivazione
Vedi sub A.B.1
A.B.3 - (SPA - INTEGRAZIONE DEGLI INTERESSI DEGLI STAKEHOLDERS NELLE DECI-SIONI DELL’ORGANO AMMINISTRATIVO -- 1° pubb. 10/23 – motivato 10/23)
Si ritiene legittima la clausola statutaria che imponga agli amministratori di te-nere conto degli interessi degli stakeholders nella delineazione delle politiche d’impresa e nella loro concreta attuazione. Detta clausola, tuttavia, dovrà soddi-sfare requisiti di analiticità e specificità.
Motivazione
Vedi sub A.B.1
A.B.4 - (SPA - LEGITTIMITÀ DELLA CLAUSOLA STATUTARIA CHE IMPONGA AGLI AMMINISTRATORI OBBLIGHI DI CONSULTAZIONE CON GLI STAKEHOLDERS -- 1° pubb. 10/23 – motivato 10/23)
Si ritengono legittime le clausole statutarie che attribuiscono poteri di voice a determinati stakeholders mediante la previsione di luoghi di sistematica consul-tazione.
In tal senso è legittima la clausola statutaria che imponga agli amministratori di consultarsi con comitati esterni o stakeholders individuati nella fase istruttoria preliminare alla decisione amministrativa ed altresì che subordini il potere degli amministratori di porre in essere determinate tipologie di operazioni al consen-so o al parere favorevole di un comitato esterno o di stakeholders individuati.
Motivazione
Vedi sub A.B.1
A.B.5 - (SPA - VALUTAZIONE DELLA PERFORMANCE DEGLI AMMINISTRATORI -- 1° pubb. 10/23 – motivato 10/23)
Si ritiene legittima la clausola statutaria che attribuisce ad un gruppo di esperti indipendenti la valutazione periodica della performance ambientale o sociale dell’impresa nonché quella che consente ai medesimi di determinare, in modo vincolante, una parte del compenso degli amministratori sulla base di dati pa-rametri di sostenibilità delle politiche da questi adottate.
Motivazione
Vedi sub A.B.1
A.B.6 - (SPA - CLAUSOLA DI GRADIMENTO E SOSTENIBILITÀ DEI SOCI -- 1° pubb. 10/23 – motivato 10/23)
È legittima la clausola di gradimento che introduca dei requisiti di carattere etico per l’assunzione delle partecipazioni sociali purché non sia dotata di eccessiva genericità nell’individuazione di detti requisiti.
Motivazione
Vedi sub A.B.1