J.A. Scioglimento e liquidazione di società di capitali > Scioglimento e liquidazione di società di capitali
J.A.1 - (ART. 2487 BIS, COMMA 2, C.C. - 1° pubbl. 9/04)
In caso di società in liquidazione l’indicazione “società in liquidazione” prescritta dall’art. 2487 bis c.c. non deve rientrare nella denominazione, posto che la nor-ma in oggetto impone che detta indicazione debba essere semplicemente ag-giunta alla denominazione sociale, e pertanto non deve essere modificato lo sta-tuto al riguardo.
J.A.2 - (NOMINA DEI LIQUIDATORI NELLE MORE DELLA PUBBLICITÀ DELLA CAUSA DI SCIOGLIMENTO - 1° pubbl. 9/04)
Nei casi previsti dai numeri 1), 2), 3), 4), e 5) del comma 1 dell’art. 2484 c.c., la decisione dei soci di nomina dei liquidatori può essere adottata anche prima che venga iscritta nel registro delle imprese la dichiarazione degli amministratori con cui viene accertata la causa di scioglimento. Tale decisione di nomina produrrà i suoi effetti solo dopo che sarà iscritta la dichiarazione di accertamento dello scioglimento e la decisione di nomina medesima.
J.A.3 - (CAUSE DI SCIOGLIMENTO STATUTARIE - 1° pubbl. 9/04)
L’atto costitutivo è libero di determinare altre cause di scioglimento, oltre a quelle legali, la competenza a deciderle o ad accertarle e ad effettuare gli adem-pimenti pubblicitari. Non può in ogni caso stabilire per dette cause un’efficacia dello scioglimento nei confronti dei terzi anteriore alla relativa pubblicità da ef-fettuarsi mediante iscrizione nel registro delle imprese.
J.A.4 - (FORME DELLA NOMINA DEI LIQUIDATORI - 1° pubbl. 9/04 - modif. 9/05)
Esclusivamente per le s.r.l. le delibere di nomina e revoca dei liquidatori, e co-munque tutte le decisioni riguardanti gli argomenti di cui alle lettere a), b) e c) del comma 1 dell’art. 2487 c.c., devono essere adottate con le maggioranze pre-viste per le modifiche dell’atto costitutivo e dello statuto ma non anche con le forme previste per adottare dette modifiche. Di conseguenza il verbale che rac-coglie dette decisioni può anche non rivestire la forma dell’atto pubblico.
J.A.5 - (MODIFICA DELL’OGGETTO CONSEGUITO O DIVENUTO IMPOSSIBILE - 1° pubbl. 9/04)
La deliberazione dell’assemblea dei soci di una società di capitali che, convocata senza indugio, modifica l’oggetto sociale già conseguito o divenuto impossibile a conseguirsi, non comporta revoca dello stato di liquidazione: pertanto produce effetti sin dalla sua iscrizione al registro delle imprese senza necessità del decor-so del termine di 60 giorni prescritto dall’art. 2487 ter, comma 2, c.c.
J.A.6 - (REQUISITI DELLE CLAUSOLE CONVENZIONALI DI SCIOGLIMENTO - 1° pubbl. 9/04)
La previsione statutaria di cause convenzionali di scioglimento della società deve essere accompagnata dall’individuazione dell’organo competente a deliberare o accertare tali cause di scioglimento e ad effettuare i relativi adempimenti pubbli-citari; la mancata previsione ed attribuzione delle suddette competenze compor-ta l’inefficacia della clausola statutaria che si limita alla previsione di ipotesi convenzionali di scioglimento.
J.A.7 - (DETERMINAZIONE DEI POTERI DEI LIQUIDATORI - 1° pubbl. 9/04)
È legittima la deliberazione di nomina dei liquidatori di una società di capitali che non individui analiticamente i poteri attribuiti agli stessi nella fase di liqui-dazione ex art. 2487, lett. c), c.c., essendo sufficiente che oltre alla loro nomina provveda anche all’indicazione, se più di uno, delle regole di funzionamento dell’organo pluripersonale e dei poteri di rappresentanza. In tale ipotesi i liqui-datori avranno i più ampi poteri, compresi quelli di porre in essere gli atti di cui alla lett. c) dell’art. 2487 c.c.
J.A.8 - (COMPETENZA A DELIBERARE LO SCIOGLIMENTO DI SPA E SAPA EX ART. 2484 N. 6 C.C. - 1° pubbl. 9/06)
L’art. 2484, n.6, c.c., prevede che tra le cause di scioglimento delle società di ca-pitali vi sia anche la deliberazione dell’assemblea, senz’altro aggiungere in ordi-ne alla competenza per le spa o sapa (assemblea ordinaria o straordinaria).
Nonostante tale mancata precisazione nel caso di specie non trova applicazione il criterio residuale dettato dal combinato disposto degli artt. 2364, n. 5, e 2365, comma 1, c.c., criterio che assegna all’assemblea ordinaria le delibere sugli og-getti attribuiti genericamente dalla legge alla competenza dell’assemblea, in quanto la decisione di sciogliere la società integra sempre una modifica del con-tratto sociale, anche nel caso che la società sia contratta a tempo indeterminato, e quindi è di competenza dell’assemblea straordinaria.
J.A.9 - (FORMALITÀ INERENTI LA DELIBERA DI SCIOGLIMENTO DI SRL EX ART. 2484 N. 6 C.C. - 1° pubbl. 9/06)
L’art. 2484, n.6, c.c., prevede che tra le cause di scioglimento delle società di ca-pitali vi sia anche la deliberazione dell’assemblea.
Tale deliberazione integra sempre una modifica del contratto sociale, anche nel caso che la società sia contratta a tempo indeterminato, dovrà quindi essere adottata nell’integrale rispetto delle disposizioni dell’art. 2480 c.c.
J.A.10 - (DATA DI EFFICACIA DELLA NOMINA E DELLA SOSTITUZIONE DEI LIQUI-DATORI - 1° pubbl. 9/07)
La decisione di nomina dei primi liquidatori è efficace dal momento in cui è stata iscritta nel registro delle imprese (art. 2487 bis, comma 3, c.c.).
La decisione di sostituzione dei liquidatori, pendente lo stato di liquidazione, è efficace dal momento dell’accettazione dell’incarico da parte dei nuovi nominati, anche se tale accetta-zione avviene prima dell’iscrizione nel registro imprese della delibera suo presupposto.
Fino a quando la decisione di sostituzione non è iscritta nel registro imprese il nuovo liquidatore potrà documentare la sua vigenza in carica con l’esibizione del libro sociale ove è trascritta la decisione di nomina, ovvero con copia autentica della medesima decisione se verbalizzata per atto pubblico.
J.A.11 - (PROCEDIMENTO PER LA RIMOZIONE DI UNA CAUSA DI SCIOGLIMENTO PRIMA DELLA ISCRIZIONE DELLA DICHIARAZIONE DI ACCERTAMENTO DELLA ME-DESIMA NEL REGISTRO IMPRESE – 1° pubbl. 9/08)
La società si trova in stato di liquidazione ai sensi dell’art. 2484 comma 3, c.c. so-lamente dalla data dell’iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione degli amministratori che accertano la causa di scioglimento ex numeri 1, 2, 3, 4 e 5, ovvero della deliberazione dell’assemblea dei soci nel caso di cui al numero 6 del comma 1 del suddetto art. 2484 c.c.
Sino a quando tale pubblicità non è stata attuata, ferma restando la responsabi-lità degli amministratori ed eventualmente dei sindaci ex art. 2485 c.c., la causa di scioglimento della società non produce alcun effetto.
È pertanto possibile, qualora si sia avverata una causa di scioglimento della so-cietà senza che essa sia stata pubblicizzata nel registro delle imprese, rimuovere la causa di scioglimento stessa senza l’osservanza delle disposizioni di cui all’art. 2487 ter c.c., poiché l’applicazione di tale ultimo articolo presuppone necessa-riamente che la società si trovi in stato di liquidazione per effetto di causa di scioglimento già pubblicizzata al registro delle imprese.
Ne consegue, a titolo di esempio, che, qualora sia decorso il termine di durata della società ex art. 2484 numero 1) c.c. senza che tale circostanza sia stata ac-certata e dichiarata dagli amministratori al registro delle imprese, la società po-trà modificare lo statuto prolungando il termine di durata già scaduto senza do-vere prima revocare lo stato di liquidazione né dovere attendere il decorso dei termini di cui al comma 2 dell’art. 2487 ter c.c.
J.A.12 – (INDEROGABILITÀ DEL PROCEDIMENTO DI LIQUIDAZIONE – 1° pubbl. 9/09 – motivato 9/11)
La disciplina in tema di scioglimento e liquidazione delle società di capitali è in-derogabile, per cui non è legittimo omettere la fase di liquidazione ed il proce-dimento stesso deve percorrere tutte le tappe previste dalla legge fino alla can-cellazione della società dal registro delle imprese.
Motivazione
Le norme che disciplinano il procedimento di liquidazione delle so-cietà di capitali non sono derogabili dalla volontà dei soci perché dettate dal legislatore a tutela di un interesse pubblico, e quindi superiore, che traspare dall’intera disciplina positiva.
Tale inderogabilità era già sostenuta prima della riforma dalla preva-lente dottrina e dalla pressoché unanime giurisprudenza (di merito e di legittimità).
Nella prudenza che deve guidare l’operatore del diritto è da ritenere che - anche dopo la riforma del diritto societario – tale principio della inderogabilità del procedimento di liquidazione debba trovare applica-zione.
L’affermazione trae sostegno da un’articolata serie di argomentazio-ni.
In linea generale il procedimento di liquidazione costituisce una fase ineliminabile per le persone giuridiche (v. art. 30 c.c. e artt. 11-21 disp. att. trans. c.c.).
Va posto, infatti, risalto al fatto che le società di capitali godono di autonomia patrimoniale perfetta, con responsabilità limitata dei soci al solo conferimento, con la conseguenza che il creditore sociale insoddi-sfatto, dopo la cancellazione della società, sarebbe obbligato ad intra-prendere una pluralità di azioni contro i singoli soci, ciascuno dei quali rimane obbligato peraltro solo nei limiti di quanto riscosso, così come dispone l’art. 2495, comma 2, c.c. Con l’ulteriore pregiudizio che in tali azioni il creditore sociale soffrirebbe altresì il concorso dei creditori per-sonali del socio.
Dal che si evidenzia la valenza della procedura di liquidazione come strumento indirettamente tutorio degli interessi dei terzi, in primis i cre-ditori sociali.
È poi da osservare che il mancato richiamo nella disciplina legale all’art. 2275 c.c. in tema di società personali, evidenzia la volontà del legislatore di diversificare il procedimento di liquidazione delle società di capitali rispetto a quello delle società di persone sul punto della sua derogabilità da parte dei soci.
Tale argomento appare oggi più forte, poiché la riforma ha dettato per la liquidazione delle società di capitali una disciplina del tutto auto-noma rispetto a quella delle società di persone, mentre anteriormente la tecnica normativa prevedeva dei richiami al tessuto normativo dello scioglimento e liquidazione delle società personali.
La circostanza che il legislatore della riforma abbia dato una disci-plina comune alle spa ed alle srl (e più in generale alle società di capita-li), relativamente alla fattispecie dissolutiva delle stesse, dopo aver for-nito, invece, una disciplina sostanziale separata ed autonoma, ispirata a ben diversi principi di fondo, per la spa da un lato (caratterizzata da una organizzazione corporativa pregnante) e per la srl dall’altro (caratteriz-zata dalla centralità della persona del socio, così da determinare un al-lentamento dei principi della organizzazione corporativa) è indice nor-mativo che l’interprete non deve e non può sottovalutare.
La disciplina della liquidazione assume sempre un tono imperativo, non tollera deroghe e prevede meccanismi di intervento giudiziale non applicabili durante la normale vita della società (si pensi alla legittima-zione del socio a supplire all’inerzia degli organi sociali per la nomina dei liquidatori, provocando la designazione ope iudicis dell’organo di li-quidazione ai sensi dell’art. 2487, comma 2, c.c., ovvero alla possibilità di una iniziativa del pubblico ministero in tema di revoca dei liquidatori in presenza di giusta causa prevista dall’ art. 2487, ultimo comma, c.c.).
Quest’ultima disposizione è assai importante sul piano sistematico, in quanto testimonia l’interesse pubblicistico sotteso alla disciplina e al regolare svolgimento del procedimento di liquidazione, in totale diffor-mità rispetto alla analoga disciplina dell’organo amministrativo durante la normale vita della società: infatti, l’intervento del pubblico ministero è previsto dall’art. 2409, ultimo comma, c.c. solo per le società che fan-no ricorso al mercato del capitale di rischio, mentre in tema di proce-dimento di liquidazione tale intervento è esteso indistintamente a tutte le società di capitali.
Dunque, appare chiaro che nella fase dissolutiva della società vi è un interesse di natura pubblicistica, e quindi superiore a quello dei soci, a che la procedura legale sia rigorosamente seguita.
Nella stessa prospettiva, inoltre, l’art. 2495 c.c. legittima i soli liqui-datori a richiedere, una volta che sia stato approvato il bilancio finale di liquidazione, la cancellazione della società dal registro delle imprese, sottolineando quindi – ancora una volta – la necessità dell’organo di li-quidazione, da un lato, e l’inderogabilità del procedimento, dall’altro.
L’omissione della procedura di liquidazione priverebbe i terzi (in primis i creditori sociali) della garanzia ulteriore della responsabilità di-retta dei liquidatori prevista dall’art. 2495, comma 2, c.c. (dopo la can-cellazione della società: se il mancato pagamento è dipeso da colpa di questi ultimi), ovvero dall’art. 2491, comma 3, c.c. (in caso di violazione del divieto di riparto di acconti sulla liquidazione).
Appare, inoltre, come l’ordinamento sia volto a rimettere la gestione della vicenda dissolutiva delle società di capitali ad un organo concet-tualmente diverso dagli amministratori, la cui nomina e la cui durata in carica, ad esempio, sono state sottoposte a regole proprie e differenti ri-spetto a quelle dettate per gli amministratori (basti pensare che la desi-gnazione e la sostituzione dei liquidatori sono attribuite nella spa all’assemblea straordinaria ex art. 2365 c.c. e nella srl alla decisione dei soci con metodo assembleare e con le maggioranze previste per le modi-ficazioni dell’atto costitutivo ex art. 2487, comma 1, c.c. oltre a poter es-sere disposta dall’autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 2487, comma 2, c.c.), organo nei confronti del quale sono possibili anche rimedi qualita-tivamente diversi rispetto a quelli previsti per gli amministratori (ad esempio la possibilità di revoca giudiziale in presenza di giusta causa, anche su istanza del pubblico ministero, come anzidetto), rimedi peral-tro che si affiancano, senza sostituirsi, a quelli propri degli amministra-tori (in primis v. art. 2409 c.c. La tesi dell’applicabilità di detta norma anche alle società in liquidazione sembra da preferire rispetto a quella che la nega, facendo leva esclusivamente sul dato letterale, senza consi-derare che amministratore giudiziario è colui che è chiamato ad assu-mere temporaneamente il governo della società nello stato – attivo o li-quidativo – in cui essa si trova, al solo scopo di rimuovere quelle irrego-larità da chiunque – amministratori o liquidatori – commesse che, per la loro maggiore gravità, non sarebbero senza il suo intervento eliminabi-li).
Ancora, l’art. 2487 bis, comma 3, c.c. prevede (o impone) un passag-gio di consegne, dettagliato nel contenuto, tra organo di amministrazio-ne ed organo di liquidazione.
Ancorché la procedura della liquidazione possa dirsi ordinata alla monetizzazione del patrimonio sociale, al soddisfacimento dei creditori della società ed alla distribuzione dell’attivo residuo tra i soci, quanto fin qui detto in merito alla inderogabilità della procedura vale anche nell’ipotesi di mancanza di creditori sociali, di patrimonio o di mancato svolgimento di attività da parte della società.
Anche l’accertamento della mancanza di crediti e debiti, infatti, non può che avvenire nelle forme imposte per la liquidazione formale.
J.A.13 – (ILLEGITTIMITÀ DELL’ADOZIONE ANTICIPATA DI ATTI DEL PROCEDIMEN-TO DI LIQUIDAZIONE - 1° pubbl. 9/09 – motivato 9/11)
Non risulta legittimo predisporre ed approvare il bilancio finale di liquidazione, ovvero richiedere la cancellazione della società dal registro delle imprese, prima che la causa di scioglimento sia divenuta efficace ai sensi dell’art. 2484, comma 3, c.c. (iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione degli amministra-tori o della deliberazione dell’assemblea) e l’organo di liquidazione sia entrato in carica (vedi orientamenti J.A.2 e J.A.10).
Quanto affermato non contrasta con gli orientamenti I.F.1 e H.F.2, che ammetto-no la possibilità di dare esecuzione sospensivamente condizionata alle delibere non iscritte, poiché tale possibilità è comunque subordinata all’esistenza dell’organo che pone in essere l’attività esecutiva (nel caso di specie l’organo di liquidazione).
Motivazione
L’orientamento in questione si pone in stretta continuità ed a com-pletamento dell’orientamento J.A.12 (sulla inderogabilità del procedi-mento di liquidazione).
La questione che si è inteso affrontare è quella della possibile ado-zione di provvedimenti di liquidazione prima che la società sia legal-mente sciolta ed i liquidatori siano formalmente entrati in carica.
In particolare, si è analizzata la fattispecie della società che, in un unico contesto, deliberi il proprio scioglimento, approvi il bilancio finale di liquidazione, accerti l’inesistenza di passività, proceda al riparto delle eventuali attività, richieda la propria cancellazione dal registro imprese, ometta la nomina dei liquidatori.
Tale procedimento appare incompatibile con il sistema, posto che la disciplina della liquidazione delle società di capitali assume oggi, ancor più che in passato, un tono imperativo che non tollera deroga alcuna (se non nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge).
È dunque da ritenere che la società di capitali, una volta attualizza-tasi una ipotesi dissolutiva, debba necessariamente dar corso alla intera procedura di liquidazione, con la necessaria sostituzione, in primo luo-go, degli amministratori con i liquidatori.
In ogni caso, l’esposta procedura di “cessazione semplificata” non può ritenersi legittima nemmeno nell’ipotesi in cui tra le delibere poste contestualmente in essere vi sia anche quella di nomina dei liquidatori, che seduta stante accettino l’incarico, predispongano il bilancio finale, procedano al riparto, richiedano la cancellazione della società dal regi-stro imprese.
La sostituzione degli amministratori con i liquidatori non può, infat-ti, avere effetto alcuno prima che la società sia in stato di liquidazione (più correttamente: scioglimento), il che avviene, ai sensi dell’art. 2484, comma 3, c.c., con l’iscrizione nel registro imprese della dichiarazione degli amministratori che ne accerta la causa o della relativa deliberazio-ne dell’assemblea dei soci.
Prima di tale momento, dunque, i liquidatori non sono in carica e pertanto non potranno validamente compiere atti del loro ufficio.
Per legittimare l’eventuale operato dei liquidatori prima della loro entrata in carica non è neanche possibile ricorrere al meccanismo delle “decisioni sospensivamente condizionate”, poiché, mutuando il dispo-sto degli artt. 1353 e ss. c.c., è possibile apporre una condizione solo al contenuto negoziale di un atto e non alla legittimazione del soggetto che lo pone in essere.
Un atto compiuto da un organo sociale non in carica non può che ri-tenersi inesistente.
Si pensi ad una delibera dei soci assunta da soggetti che tali non so-no, nel presupposto che acquisteranno in futuro le quote della società.
Nel procedimento di liquidazione assume inoltre particolare impor-tanza il passaggio di consegne tra amministratori e liquidatori discipli-nato dall’art. 2487 bis c.c., che per poter essere attuato presuppone l’esistenza di un organo di liquidazione.
È infine da osservare che più delibere contenute in un unico docu-mento sono destinate a produrre i loro effetti nel medesimo istante, quello dell’iscrizione dell’atto nel registro imprese.
Tale circostanza è di per se sufficiente a rendere concettualmente non ipotizzabili tutte quelle operazioni che comportano la contestuale entrata in carica e cessazione dei liquidatori.
J.A.14 - (INDIVIDUAZIONE DEI CREDITORI AVENTI DIRITTO AD OPPORSI ALLA RE-VOCA DELLA LIQUIDAZIONE E DOCUMENTAZIONE DELL’EVENTUALE CONSENSO O PAGAMENTO DEI MEDESIMI IN IPOTESI DI OPERAZIONE ANTICIPATA - 1° pubbl. 9/09)
In mancanza di un metodo univoco, tipico e certo che consenta:
a) l’individuazione completa dei creditori aventi diritto ad opporsi alla revoca dello stato di liquidazione;
b) la quantificazione esatta e aggiornata dei loro crediti;
c) la documentazione dell’eventuale consenso prestato da detti creditori ad un’operazione anticipata e/o del pagamento dei medesimi (art. 2487 ter, comma 2, primo periodo, c.c.);
si ritiene preferibile che tali individuazione, quantificazione, consenso e/o pa-gamento vengano fatti constare da una attestazione - con elencazione analitica - formata dai liquidatori, ciò in quanto gli artt. 2489, 2490 e 2491 c.c., pongono implicitamente a carico dei medesimi l’obbligo di accertare la sussistenza di detti elementi.
J.A.15 (LEGITTIMITÀ DELL’ADOZIONE DI UNA DELIBERA DI SCIOGLIMENTO DELLA SOCIETÀ ADOTTATA DAI SOCI IN PRESENZA DI UNA DELLE CAUSE CHE PRODU-CONO EX LEGE TALE EFFETTO AI SENSI DEI NN. 1), 2), 3) 4) E 5) DELL’ART. 2484, COMMA 1, C.C. – 1° pubbl. 9/09)
Le cause legali di scioglimento della società previste dai nn. 1), 2), 3), 4) e 5) dell’art. 2484, comma 1, c.c., producono i loro effetti dalla data di iscrizione nel registro delle imprese della dichiarazione con cui gli amministratori accertano la loro sussistenza.
Fino a tale data, pertanto, l’assemblea dei soci conserva la facoltà di deliberare lo scioglimento della società per sua decisione, ai sensi del n. 6) del medesimo art. 2484, comma 1, c.c., ciò anche se la motivazione della decisione risieda nella sussistenza di una delle suddette altre cause di scioglimento non ancora accerta-te dagli amministratori.
J.A.16 – (COLLEGIALITÀ OBBLIGATORIA DELL’ORGANO DI LIQUIDAZIONE PLURI-PERSONALE – 1° pubbl. 9/10 – motivato 9/11)
La disciplina della liquidazione contenuta negli artt. 2484 e ss. c.c. integra un modello unitario, applicabile indistintamente e globalmente a tutte le società di capitali.
A ciò consegue l’inderogabilità, anche con riferimento alle srl, della previsione contenuta nell’art. 2487, comma 1, lett. a) c.c., che consente all’assemblea, ovve-ro ad una specifica clausola statutaria, di determinare le regole di funzionamen-to del collegio (in caso di pluralità di liquidatori) ma non anche l’istituzione di un organo di liquidazione pluripersonale non collegiale.
Motivazione
La novella del diritto societario ha attuato in maniera sufficiente-mente organica, per tutti i modelli di società di capitali, un importante principio, quello in base al quale ai soci non possono essere attribuiti poteri di amministrazione esclusivi, vincolanti per l’organo amministra-tivo.
In particolare:
- nelle società azionarie è stato previsto che i soci non possono adot-tare decisioni di amministrazione, ma solo autorizzare l’organo gestorio al compimento di determinati atti, ferma in ogni caso l’assunzione della decisone anche da parte degli amministratori e la loro responsabilità per quanto posto in essere (art. 2364, comma 1, n. 5, c.c.);
- nelle srl è stato invece consentito ai soci di adottare direttamente decisioni di amministrazione (oltre che autorizzazioni), ma tale facoltà è stata accompagnata dalla previsione della responsabilità solidale degli amministratori con i soci per l’attuazione delle decisioni da questi ulti-mi assunte, in tal modo chiarendo che gli amministratori non possono essere in alcun modo vincolati al compimento dell’atto deciso dai soci, poiché nel caso contrario non sarebbe possibile attribuirgli alcuna re-sponsabilità (art. 2476, comma 7, c.c.).
Il principio della responsabilità inalienabile dell’organo amministra-tivo nella gestione dell’impresa (previsto per le società azionarie dall’art. 4, comma 8, lett. c, della legge delega – legge n. 366/2001 – ed esteso al-la srl in virtù del potere attribuito al legislatore delegato dall’art. 3 della medesima legge) è stato introdotto nell’ordinamento per contrastare la prassi diffusa anteriormente alla riforma di far adottare le decisioni po-tenzialmente dannose dall’assemblea dei soci anziché dall’organo am-ministrativo.
In tal modo si otteneva un’esenzione assoluta di responsabilità, degli amministratori perché non avevano deciso alcunché, dei soci perché li-mitatamente responsabili per definizione.
Il modello di gestione/controllo che si è delineato con la riforma, per tutte le società di capitali, è dunque quello che inibisce ai soci di impor-re agli amministratori decisioni di gestione al fine di renderli irrespon-sabili.
Tale modello non è stato confermato nella fase di liquidazione.
Il legislatore della riforma ha previsto che ai liquidatori spettino esclusivamente i poteri loro attribuiti dai soci in sede di nomina (art. 2487, comma 1, lett. c, c.c.).
Ha inoltre consentito ai soci di prevedere, in maniera vincolante per i liquidatori, “i criteri in base ai quali devono svolgere la liquidazione, con parti-colare riguardo alla gestione dell’azienda sociale, di rami di essa, ovvero anche di singoli beni o diritti, o blocchi di essi; gli atti necessari per la conservazione del va-lore dell’impresa, ivi compreso il suo esercizio provvisorio, anche di singoli rami, in funzione del miglior realizzo”.
Il rapporto di gestione/controllo definito dalla legge nella fase di li-quidazione delle società di capitali è dunque basato su un dualismo li-quidatori/soci (vedi relazione alla legge di riforma del diritto societa-rio), diverso da quello previsto nella fase di normale operatività dai vari sistemi di governance.
Ciò ha reso incompatibile con la fase di liquidazione l’istituzione di un organo di liquidazione pluripersonale non collegiale.
Se infatti i co-liquidatori fossero investiti di poteri disgiunti si attue-rebbe un modello di gestione/controllo basato sul diritto di ogni singolo liquidatore di opporsi all’altrui gestione, in contrasto con quanto voluto dal legislatore.
L’art. 2487, comma 1, lett. c), c.c. attribuisce, infatti, solo ai soci la facoltà di limitare i poteri dei liquidatori e non anche a questi ultimi re-ciprocamente.
In ipotesi di co-liquidazione, sarebbe poi impossibile individuare le regole di sana e prudente “amministrazione”, di diligenza e di coerenza che dovrebbero essere adottate da ogni liquidatore per esercitare il dirit-to di opposizione in modo tale da rendersi esente da censure.
O l’atto posto in essere da un singolo liquidatore è coerente con quanto previsto dai soci, è dunque sarà inopponibile dagli altri liquida-tori, ovvero sarà difforme è dunque censurabile dai soci piuttosto che dagli altri co-liquidatori.
Ai liquidatori che non hanno assunto la decisione non spetterebbe dunque, in nessuna ipotesi, un reale potere autonomo rispetto a quello di controllo dei soci.
Se al contrario, i co-liquidatori fossero investiti di poteri congiunti gli stessi finirebbero per operare come un organo collegiale cui si imponga la regola dell’unanimità per ogni singola decisione.
Anche in tale ipotesi si verificherebbe, dunque, una distonia con il si-stema e, comunque, a ben vedere, non si attuerebbe una vera deroga al principio della collegialità, posto che le decisioni sarebbero pur sempre condivise da tutti i liquidatori.
Ecco dunque che appare coerente la scelta del legislatore di prevede-re espressamente nell’art. 2487, comma 1, lett. a), c.c. che ai soci spetti esclusivamente il potere di determinare le regole di funzionamento del “collegio”, nel caso di nomina di pluralità di liquidatori, e non anche quello di non istituirlo.
Nonostante il tenore apparentemente chiaro di tale norma, almeno dal punto di vista del principio generale, alcuni commentatori della ri-forma hanno ritenuto di poter consentire, nelle sole srl, la nomina di un organo di liquidazione pluripersonale non collegiale, poiché tale forma di amministrazione è prevista, in detto modello societario, nella fase di ordinaria operatività.
La suddetta opinione non appare condivisibile.
Il ricorso all’analogia è consentito dall’art. 12 delle preleggi solo per colmare una lacuna normativa e non per derogare ad una disciplina espressa.
Si ricorda infatti che le disposizioni sulla liquidazione delle società di capitali costituiscono un corpo unitario, volto ad imporre un’unica di-sciplina per tutti i modelli di società capitalistiche.
Non è dunque concettualmente possibile individuare in tale corpo unitario una lacuna normativa riferibile al solo modello srl.
Neanche il disposto dell’art. 2488 c.c. può essere invocato per soste-nere la possibilità di nominare nella srl più liquidatori che operino non collegialmente, poiché gli “organi amministrativi” individuati in detta disposizione non possono essere confusi con gli “organi liquidativi” di cui all’art. 2487 c.c., anche se entrambi compiono attività gestorie.
È infatti pacificamente riconosciuto che la disposizione di cui all’art. 2488 c.c. è volta a chiarire che durante la fase di liquidazione si conti-nuano ad applicare agli organi sociali in carica le loro regole organizza-tive ordinarie, non anche ad applicare agli organi della liquidazione lo statuto delle società normalmente operanti.
La disposizione di cui all’art. 2488 c.c. è opportunamente dettata an-che con riferimento agli amministratori, poiché è ben possibile che gli stessi rimangano in carica per un certo periodo anche durante la fase di liquidazione (si pensi all’ipotesi dell’incapacità dei soci di raggiungere un accordo sulla nomina dei liquidatori).
L’art. 2488 c.c. prevede comunque che le disposizioni sugli ammini-stratori si applicano durante la liquidazione “in quanto compatibili”.
Quindi, anche ritenendo che l’organo di liquidazione sia assimilabile all’organo amministrativo ai sensi del suddetto art. 2488 c.c., si dovreb-bero ritenere comunque non applicabili ai liquidatori le disposizioni sul-la co-amministrazione in quanto incompatibili con il diverso modello unitario di gestione/controllo voluto dal legislatore durante la fase di li-quidazione di tutte le società di capitali.
J.A.17 – (DELEGABILITÀ DI FUNZIONI A DETERMINATI LIQUIDATORI – 1° pubbl. 9/10)
Poiché l’art. 2487, comma 1, lett. a) c.c. non pone limiti alla facoltà dell’assemblea (o dello statuto) di dettare le regole di funzionamento del colle-gio dei liquidatori, si ritiene lecita la previsione operata ai sensi di detta disposi-zione in base alla quale il collegio dei liquidatori possa delegare ad uno o più dei suoi componenti determinate funzioni.
J.A.18 – (MANCATA INDICAZIONE DELLE REGOLE DI FUNZIONAMENTO DEL COL-LEGIO DEI LIQUIDATORI – 1°pubbl. 9/10)
È possibile procedere alla nomina di una pluralità di liquidatori anche senza de-terminare (per delibera assembleare o per statuto) le regole di funzionamento del collegio.
In tal caso sarà infatti applicabile allo stesso, per analogia e con riferimento a tutti i tipi di società di capitali, la disciplina codicistica sul funzionamento del consiglio di amministrazione delle spa. Tale disciplina è infatti l’unica positiva esistente in materia di organo gestorio collegiale.
J.A.19 - (CONTROLLO SULLA GESTIONE DURANTE LA LIQUIDAZIONE – 1° pubbl. 9/10 – motivato 9/11)
Dal combinato disposto dell’art. 2487 bis, comma 3, c.c. (nella parte in cui preve-de la cessazione degli amministratori con l’iscrizione della nomina dei liquidatori nel registro imprese) e dell’art. 2488 c.c. (nella parte in cui prevede che durante la fase della liquidazione le disposizioni sugli organi di controllo si applichino in quanto compatibili), si può ritenere che il controllo sulla gestione delle società di capitali in liquidazione spetti:
- nelle srl: al collegio sindacale, se nominato (per obbligo di legge o di statuto);
- nelle spa con sistema tradizionale: al collegio sindacale;
- nelle spa con sistema dualistico: al consiglio di sorveglianza che rimane dunque in carica;
- nelle spa con sistema monistico: ad un collegio sindacale appositamente nomi-nato.
Motivazione
Poiché l’art. 2488 c.c. prevede che le disposizioni sugli organi di con-trollo si applichino “in quanto compatibili” anche durante la fase di li-quidazione, all’interprete si pone il problema di effettuare la verifica di tale compatibilità.
Sotto tale profilo assume particolare rilevanza la circostanza che nel-la fase della liquidazione delle società di capitali il legislatore della ri-forma ha ricercato ed imposto un modello di gestione/controllo unita-rio, basato sul dualismo liquidatori/soci, senza apparentemente consen-tire la conservazione dei diversi modelli di governance previsti per le spa e srl se non, appunto, nei limiti della compatibilità (vedi più diffusamen-te la motivazione dell’orientamento J.A.16).
Passando all’analisi delle varie fattispecie è innanzitutto da rilevare che in presenza di una srl o di una spa con sistema di amministrazione e controllo tradizionale, il procedimento di sostituzione dei liquidatori agli amministratori è testualmente disciplinato.
Si ritiene dunque che il collegio sindacale rimanga in carica come or-gano essenziale (nella srl solo se previsto dalla legge o dallo statuto), con i medesimi poteri e doveri ad esso attribuiti in via ordinaria, con in più quelli di partecipare alle riunioni dell’organo gestorio (che durante la liquidazione sarà il collegio dei liquidatori o il liquidatore unico) e con l’aggiunta del potere-dovere di chiedere al tribunale:
- la convocazione dell’assemblea per la nomina dei liquidatori, in ca-so di omissione da parte degli amministratori (art. 2487, comma 2, c.c.);
- la revoca per giusta causa dei liquidatori (art. 2487, ultimo comma, c.c.).
Con riferimento alle spa con sistema di amministrazione e controllo dualistico è da ritenere, secondo l’opinione nettamente prevalente, che l’organo di liquidazione sostituisca il consiglio di gestione, essendo tale organo quello che per legge è assimilato agli amministratori del sistema tradizionale, mentre permanga in carica il consiglio di sorveglianza con funzioni di controllo.
Tuttavia, applicandosi la disciplina specifica della liquidazione ex art. 2487 c.c., la nomina dei liquidatori non competerà al consiglio di sorveglianza ma all’assemblea dei soci, essendo esclusivamente a questa che la legge riserva il diritto di definire in sede di nomina i poteri dei li-quidatori e i criteri in base ai quali deve svolgersi la liquidazione (art. 2487, comma 1, lett. c), c.c.).
Inoltre, ai sensi dell’art. 2490, comma 1, c.c., durante la liquidazione, l’approvazione del bilancio d’esercizio sarà attribuita all’assemblea dei soci e non al consiglio di sorveglianza.
Il sistema dualistico, dunque, pur permanendo nella fase di liquida-zione, risulta assai attenuato e il consiglio di sorveglianza si riduce so-stanzialmente ad un collegio sindacale al quale non può essere conferito il controllo contabile, ma che sarà titolare della legittimazione all'eserci-zio dell'azione di responsabilità verso i liquidatori (ai sensi del combina-to disposto degli artt. 2409-terdecies, comma 1, lett. d), e 2489, comma 2, c.c.).
Più problematica è la questione di cosa accada in presenza di spa con sistema monistico.
Infatti, venuti meno tutti gli amministratori ex art. 2487-bis, comma 3, c.c., essendo tali anche i componenti del comitato interno per il con-trollo sulla gestione, risulta vacante l’organo di controllo.
In alternativa, non sarebbe certo possibile ritenere che rimangano in carica i soli amministratori che svolgono funzioni di controllo, perché in tal caso non si comprende chi sarebbe competente per le loro sostitu-zioni.
Le possibili soluzioni sono dunque due: o si ritiene applicabile all’organo di liquidazione la normativa sul controllo interno del sistema monistico, e pertanto il collegio dei liquidatori procederà a designare al proprio interno un comitato di controllo (ferma la revisione esterna), ovvero si procederà con la nomina di un collegio sindacale, essendo tale organo quello tipico utilizzabile in mancanza di alternative legali.
La prima soluzione non appare convincente.
Come sopra ricordato il legislatore della riforma ha imposto un mo-dello unitario nella liquidazione delle società di capitali, tipizzando in particolare responsabilità e funzioni dei liquidatori, i cui poteri, tra l’altro, non sono predeterminati ma sono nella totale disponibilità dei soci.
Ritenere che solo per le società azionarie che abbiano optato per il sistema monistico si debba derogare ad una parte rilevante del sistema di gestione/controllo legale, compresa la facoltà di nomina di un liqui-datore unico (composizione dell’organo di liquidazione, questa, di gran lunga preferita nella pratica stante le funzioni univoche e limitate che gli sono attribuite), appare in contrasto con il disposto dell’art. 2488 c.c.
Secondo tale disposizione, infatti, se via sia incompatibilità tra le norme che disciplinano gli organi di amministrazione e controllo delle società normalmente operanti e quelle che disciplinano la liquidazione, sono le prime che devono soccombere e non viceversa.
È dunque preferibile ritenere che nelle spa con sistema monistico, venuti meno tutti gli amministratori, il controllo interno debba essere af-fidato ad un collegio sindacale, quale organo residuale tipico individua-to dal sistema per tale funzione.
J.A.20 - (SRL IN LIQUIDAZIONE - RIDUZIONE DI CAPITALE ANCHE PARZIALE RI-SPETTO ALLE PERDITE ACCERTATE – 1° pubbl. 9/11 - motivato 9/11)
È legittima da parte di una srl in liquidazione la deliberazione di riduzione del capitale sociale per perdite, anche se parziale rispetto alle perdite accertate.
Per tale deliberazione non trova applicazione la disciplina legale prevista dagli artt. 2482 bis e 2482 ter c.c., la quale presuppone che la società non si trovi in stato di scioglimento.
Motivazione
La possibilità di deliberare, in corso di liquidazione, la riduzione del capitale sociale per perdite è ammessa con prevalenza tanto in dottrina quanto in giurisprudenza.
La questione da affrontare è piuttosto se in tale ambito sia da appli-care o meno la disciplina che emerge dal combinato disposto degli artt. 2446 e 2447 c.c., per la spa, e 2482 bis e 2482 ter c.c., per la srl, e, di con-seguenza, se sia ammissibile una riduzione del capitale che incida solo parzialmente sulle perdite.
L’orientamento giurisprudenziale ante-riforma maggioritario riteneva che si dovesse rispettare integralmente, per le decisioni di riduzione del capitale per perdite adottate durante la fase di liquidazione, la disciplina generale (in tal senso v. Trib. Roma 18 gennaio 1985; Trib. Verona 4 lu-glio 1986; App. Bologna 21 ottobre 1988).
Nel senso invece che, pendente la liquidazione, fossero ammissibili delibere di riduzione del capitale sociale a copertura - anche parziale - di perdite, in funzione della riduzione delle spese della liquidazione (ed in primis della eliminazione del collegio sindacale) era un orientamento del Tribunale di Milano degli anni ‘70, orientamento poi modificato negli anni ’90 e successivamente ripreso con decreto del 28 febbraio 2000, pe-raltro riferito ad una società ammessa alla procedura di concordato preventivo.
Recentemente, sempre il Tribunale di Milano, con provvedimento del 17 ottobre 2007 (pubblicato unitamente allo Studio CNN 16 marzo 2011 n. 221-2010/I) ha ritenuto che, pendente la liquidazione, il capitale sociale non sia soggetto alla disciplina di legge vigente a garanzia della sua effettività, tipica della fase di attività ordinaria, in quanto il perma-nere della discesa del patrimonio sociale al di sotto del limite legale di capitale determina proprio la cessazione dell’attività ordinaria e la ne-cessità della liquidazione.
Tale recente opinione giurisprudenziale appare condivisibile, poiché la normativa di cui agli artt. 2447 e 2482 ter c.c. non è certamente appli-cabile alla società in liquidazione, posto che la stessa è alternativa al ve-rificarsi della causa di scioglimento di cui all’art. 2484, n. 4, c.c.
Neppure è da ritenere applicabile alle società in liquidazione la nor-mativa di cui agli artt. 2446 e 2482 bis, la quale ha una valenza di tutela anticipata rispetto alla disciplina centrale degli artt. 2447 e 2482-ter c.c, diretta a garantire l’effettività e l’integrità del capitale sociale, ed altresì svolge una funzione informativa nei confronti dei terzi, strumentale alla corrispondenza fra capitale nominale e capitale reale.
La suddetta funzione di informativa non deve essere confusa con quella svolta, anche durante la fase di liquidazione, dal disposto dall’art. 2250, comma 2, c.c. (il quale impone che nella corrispondenza e negli atti della società il capitale non vada indicato nel suo valore no-minale ma nella misura effettivamente versata e risultante dall’ultimo bilancio), poiché quest’ultima non è in alcun modo strumentale al man-tenimento della corrispondenza tra capitale reale e capitale nominale.
Verificatasi la causa di scioglimento viene meno la necessità di ga-rantire l’effettività del capitale sociale, e quindi l’applicabilità di tutte le regole portate dal sistema al riguardo di cui agli artt. 2446 -2447 e 2482-bis-2482-ter c.c.
Ne segue che se le società di capitali in liquidazione non sono tenute a ridurre il capitale sociale per perdite non sembra potersi negare l’ammissibilità per le stesse di deliberare una sua riduzione in misura in-feriore alle perdite medesime.
Una volta, cioè, che si ritenga che il patrimonio netto di tali società possa mantenersi stabilmente inferiore al capitale nominale non sembra possa escludersi l’ammissibilità di un’operazione che finisca per ridurre il divario fra gli stessi.
Saremmo di fronte, quindi, ad una ipotesi di riduzione del capitale facoltativa ma “atipica”, in quanto non prevista dalla legge, la cui disci-plina non può essere mutuata dal corpus normativo degli artt. 2446-2447 o 2482-bis-2482 ter c.c., perché inapplicabili alle società in liquidazione.
Tale delibera si rivela ammissibile, in conformità all’art. 2488 c.c., in quanto sia funzionale alla riduzione degli oneri della procedura di liqui-dazione che la citata giurisprudenza ha ritenuto espressamente poter derivare anche dalla eliminazione del collegio sindacale conseguente al-la riduzione del capitale sociale, con una valutazione di meritevolezza dell’interesse perseguito con tale fattispecie che riprende l’enunciato del-la Relazione di accompagnamento al D.Lgs. n. 6/2003 (§14), la quale individua nella riduzione degli oneri della procedura concorsuale uno dei possibili scopi che una trasformazione da spa in srl (in funzione dell’eliminazione del collegio sindacale) può perseguire, oneri, peraltro, la cui riduzione può derivare anche ad una srl con collegio sindacale, già in liquidazione, quale esito di una operazione di riduzione di capita-le sociale a parziale copertura delle perdite.
Quanto sopra affermato non appare in contrasto con gli orientamenti H.G.7 e I.G.14, i quali trovano applicazione alle società di capitali nella loro fase di normale operatività, fase durante la quale si deve applicare il sistema di tutela dell’effettività e dell’integrità del capitale sociale, quale emergente dagli artt. 2446-2447 e 2482 bis-2482 ter c.c.
J.A.21 - (QUORUM DELIBERATIVI PER LA NOMINA DELL’ORGANO DI LIQUIDAZIO-NE NELLA SPA – 1° pubbl. 9/11 – motivato 9/11)
Nella SPA è legittima la clausola statutaria che preveda per la nomina dei liqui-datori quorum deliberativi superiori a quelli consentiti dagli artt. 2368, comma 1 e 2369, comma 4, c.c., anche con maggioranze più elevate per la seconda convo-cazione o le ulteriori.
Motivazione
L’orientamento affronta la questione se sia possibile o meno per le società azionarie prevedere statutariamente per la nomina dei liquidato-ri, anche in assemblea di seconda o ulteriore convocazione, una mag-gioranza superiore a quella determinabile ai sensi degli artt. 2368, comma 1, e 2369, comma 4, c.c. per le delibere dell’assemblea ordina-ria.
Il dubbio è generato dall’apparente mancanza di coordinamento tra gli artt. 2368, comma 1 (nella parte in cui consente allo statuto di eleva-re esclusivamente il quorum deliberativo dell’assemblea ordinaria di pri-ma convocazione e non anche quello costitutivo), 2369, comma 4 (il quale non consente di elevare il quorum costitutivo legale dell’assemblea ordinaria di seconda o ulteriore convocazione avente ad oggetto la no-mina delle cariche sociali) e 2487, comma 1, c.c. (nella parte in cui di-spone che per la nomina dei liquidatori si delibera con le maggioranze previste per le modifiche dell’atto costitutivo o dello statuto).
La tesi di chi ritiene che non sia possibile richiedere quorum più eleva-ti rispetto a quelli consentiti dagli artt. 2368, comma 1, e 2369, comma 1, c.c. per la nomina dei liquidatori, fa leva esclusivamente sul dettato normativo delle suddette disposizioni, senza aggiungere giustificazioni funzionali.
La tesi positiva trae la sua conclusone da una serie più articolata di argomentazioni:
In primo luogo, il carattere speciale dell’art. 2487 c.c. che, in relazio-ne alla vicenda estintiva, valorizza l’autonomia statutaria ammettendo anche designazioni extra sociali dell’organo liquidativo, deve prevalere sul carattere generale degli artt. 2368 e 2369 c.c.
È poi da considerare che la disposizione dell’art. 2369, comma 4, c.c è volta, con tutta evidenza, ad evitare una paralisi deliberativa capace di determinare lo scioglimento della società (ex art. 2484, comma 1, n. 3), esigenza che evidentemente non ricorre quando la causa di scioglimento si è già verificata.
Inoltre, l’art. 2369, comma 4, c.c. appare riferito solo all’assemblea ordinaria, intesa come unica assemblea necessaria volta ad adottare le decisioni “ordinarie” funzionali alla prosecuzione dell’attività sociale: approvazione del bilancio e nomina degli amministratori e sindaci, e dunque non appare riferibile alle decisioni “straordinarie” quali la no-mina dei liquidatori.
Infine, la circostanza che ove l’assemblea non riesca a provvedere al-la nomina dei liquidatori, la legge comunque preveda il rimedio dell’intervento del giudice di cui all’art. 2487, comma 2, c.c., rende ri-solvibile l’eventuale paralisi deliberativa generata da maggioranze parti-colarmente elevate.
Per quanto esposto appare preferibile ritenere che sia consentito nelle spa prevedere statutariamente, anche in seconda o ulteriore convoca-zione, maggioranze più elevate rispetto a quelle consentite dagli artt. 2368 e 2369 c.c., anche perché l’interesse dei soci a darsi una regola che imponga una maggior condivisione nella nomina dei liquidatori appare meritevole di particolare tutela, posto che i poteri dei liquidatori, a dif-ferenza di quelli degli amministratori, non sono predeterminati ma ven-gono decisi dai soci proprio in sede di loro nomina.
J.A.22 - (NECESSARIA COMPETENZA ASSEMBLEARE NELLA S.R.L. PER LA DECISIO-NE DI REVOCA DELLO STATO DI LIQUIDAZIONE - 1° pubbl. 9/11 - motivato 9/11)
La decisione di revoca dello stato di liquidazione nella s.r.l. è sempre di compe-tenza dell’assemblea dei soci con la forma necessaria della verbalizzazione nota-rile.
Non appare ammissibile per tale decisione l’applicabilità dei metodi statutari ex-tra-assembleari di cui all’art. 2479, comma 3, c.c.
Motivazione
L’art. 2487 ter c.c. prevede testualmente che la revoca dello stato di liquidazione derivi da una “deliberazione dell’assemblea presa con le maggio-ranze richieste per le modificazioni dell’atto costitutivo o dello statuto”, aggiun-gendo poi che “si applica l’art. 2436” il che evidenzia la necessità dell’intervento del notaio a verbalizzare e ad esplicare il suo naturale potere-dovere di controllo di legalità in vista dell’iscrizione della relativa delibera/decisione presso il registro delle imprese.
In materia di srl si è posto il problema se la decisione di revoca dello stato di liquidazione possa essere adottata mediante consultazione scrit-ta o consenso espresso per iscritto ai sensi dell’art. 2479, comma 3, c.c., ferma restando comunque la necessità della verbalizzazione notarile ai fini del controllo di legalità sostanziale, pur con le implicite difficoltà circa la conciliabilità tra quest’ultima e le modalità concrete di forma-zione della volontà sociale con i metodi extra-assembleari.
Si ritiene che la revoca dello stato di liquidazione della srl presup-ponga sempre e comunque una deliberazione assembleare dei soci, re-stando escluso il ricorso ai procedimenti decisionali alternativi (anche se previsti in generale dallo statuto).
Anche a voler muovere da una pretesa compatibilità ontologica e pratica fra le “decisioni assunte con metodi non assembleari” e la “ver-balizzazione notarile” richiesta dall’art. 2487 ter c.c. (che richiama l’art. 2436 c.c.), sembra assumere rilevanza decisiva in contrario l’argomento letterale per cui l’art. 2487 ter c.c. fa richiamo espresso alla “delibera-zione dell’assemblea”.
Tale previsione espressa non appare infatti riconducibile ad una re-dazione frettolosa della norma, dettata per tutte le società di capitali, che non abbia tenuto conto delle specificità procedimentali della srl ri-spetto alla spa, quanto, piuttosto, alla coerente applicazione del princi-pio che anche nella srl tutte le modifiche dell’atto costitutivo e dello sta-tuto e tutte le decisioni che comportino una sostanziale modifica dell’oggetto sociale o una rilevante modificazione dei diritti dei soci so-no adottabili esclusivamente con il metodo assembleare ex art. 2479, comma 3, c.c.
La revoca della liquidazione integra sicuramente, quanto meno dal punto di vista sostanziale, una modifica dell’atto costitutivo (posto che la ripresa dell’attività sociale determina di fatto un nuovo termine di du-rata della società) e dell’oggetto (da liquidativo a lucrativo).
È inoltre da considerare la forte valenza organizzativa di una deci-sione di revoca della liquidazione, capace di incidere sulle posizioni soggettive dei soci in maniera rilevante, sostituendo il diritto al compi-mento del procedimento di liquidazione con quello di recesso.
A sostegno della tesi della necessità del metodo assembleare per l’adozione della decisone di revoca della liquidazione si può, infine, ad-durre l’argomento sistematico dell’unitarietà della disciplina dello scio-glimento e della liquidazione, comune a tutte le società di capitali, retta da ragioni di natura pubblicistica e, quindi, non derogabili con riferi-mento a singoli modelli societari (v. orientamento J.A.12).