L.D. Deroghe ai procedimenti di fusione e scissione > Deroghe ai procedimenti di fusione e scissione
L.D.1 - (ESSENZIALITÀ DELLA SUSSISTENZA FORMALE DI UN RAPPORTO DI CAM-BIO CONGRUO E DEROGHE AI PROCEDIMENTI DI FUSIONE O SCISSIONE - 1° pubbl. 9/08)
Le eventuali deroghe ai procedimenti di fusione e scissione (ad esempio: rinuncia alle situazioni patrimoniali, alle relazioni degli amministratori e/o degli esperti) non possono essere formalmente giustificate dalla volontà di porre in essere un rapporto di cambio non congruo.
Le fusioni e le scissioni si differenziano da tutte le altre operazioni di aggregazio-ne o disgregazione di società (delle loro aziende o patrimoni) per la loro formale neutralità nei confronti dei soci.
Dal punto di vista dogmatico le stesse integrano delle vicende evolutive delle so-cietà coinvolte e non anche dei trasferimenti di ricchezza tra soci.
A ciò consegue che il rapporto di cambio determinato dagli amministratori, ai sensi dell’art. 2501-ter, n. 3), c.c., deve essere formalmente congruo.
Gli amministratori sono ovviamente liberi di svolgere le più ampie e personali valutazioni in ordine alla determinazione del rapporto di cambio, anche attri-buendo rilevanza ad elementi extrapatrimoniali o di fatto.
Quello che deve considerarsi non conforme allo schema tipico della fusione e della scissione è l’espressa previsione di un rapporto di cambio non congruo.
L.D.2 - (LEGITTIMITÀ DELL’ADOZIONE DI UNA DECISIONE DI FUSIONE O SCISSIONE IN PRESENZA DI UN RAPPORTO DI CAMBIO REPUTATO NON CONGRUO DAGLI ESPERTI - 1° pubbl. 9/08)
Nel caso in cui la relazione degli esperti redatta ai sensi dell’art. 2501-sexies c.c. reputi non congruo il rapporto di cambio proposto dagli amministratori la deci-sone di fusione o scissione potrà essere approvata solo con il consenso di tutti i soci delle società coinvolte.
Spetta infatti solo ai soci esprimersi sulla effettiva congruità del rapporto di cambio, attribuendo eventualmente rilevanza anche ad elementi extrapatrimo-niali o di fatto.
Tale valutazione personale, concretizzando di fatto una rinuncia a quella effet-tuata dagli esperti, dovrà essere operata con il consenso di tutti i soci ai sensi dell’art. 2505-quater c.c.
L.D.3 - (ART. 2505 QUATER C.C. E DEROGHE ALL’ART. 2501 SEXIES C.C. NELLE FU-SIONI DI SOCIETÀ AZIONARIE - 1° pubbl. 9/08)
Il legislatore ha inteso disciplinare in maniera diversa il procedimento di fusione delle società azionarie rispetto a quello degli altri tipi societari.
Per motivi di semplificazione redazionale non ha tuttavia dettato due corpi di norme autonomi, uno riferibile alle società azionarie ed uno agli altri tipi, ma ha previsto nelle singole disposizioni (contenute negli articoli dal 2501 al 2506-quater c.c.) la sola disciplina propria delle società azionarie (di ispirazione comu-nitaria - III Direttiva), comprimendo poi in un unico articolo (il 2505-quater c.c.) tutte le modifiche a tale disciplina riferibili alle società non azionarie.
Tale scelta del legislatore ha notevole importanza ermeneutica in quanto non potrà mai ritenersi che ciò che è espressamente previsto in positivo dall’art. 2505-quater c.c. per le sole società non azionarie sia implicitamente vietato per quelle azionarie.
Al contrario sarà possibile far ricorso all’analogia tra le due discipline proposte nel caso di carenza di normativa specifica.
A ciò consegue che, in mancanza di un divieto espresso, deve ritenersi possibile estendere per analogia alle società azionarie la facoltà concessa dall’art. 2505-quater c.c. ai soci delle società non azionarie di derogare alle disposizioni dell’art. 2501-sexies c.c.
Non è infatti possibile rintracciare nell’ordinamento un principio di diritto, vali-do per le sole società azionarie, contrario a quello sottostante alla facoltà di ri-nuncia alla relazione previsto dall’art. 2505-quater, c.c. (quello cioè che la rela-zione degli esperti sulla congruità del rapporto di cambio è volta a tutelare esclusivamente un interesse dei soci, ed è per ciò da essi rinunziabile).
Ciò è anche confermato dall’art. 2505-bis, comma 1, c.c., il quale prevede per la fusione “semplificata” di società azionarie detenute al 90% la disapplicazione dell’art. 2501-sexies c.c. nel caso in cui sia consentito agli altri soci dell’incorporata il diritto di fare acquistare le loro azioni per un corrispettivo de-terminato alla stregua dei criteri previsti per il recesso, quindi ad un prezzo che i soci possono accettare “senza certificazione” ai sensi dell’art. 2437-ter, comma 6, c.c.
È infine da rilevare che la disciplina delle fusioni transfrontaliere di società azio-narie consente espressamente (D.Lgs. n. 108/08, art. 9, comma 4) la rinuncia unanime dei soci alla relazione degli esperti sulla congruità del rapporto di cam-bio.
L.D.4 - (DEROGABILITÀ A PARTE DEI PROCEDIMENTI DI FUSIONE O SCISSIONE NELLE SOCIETÀ CON CAPITALE NON RAPPRESENTATO DA AZIONI - 1° pubbl. 9/08)
In virtù dell’applicazione diretta ed analogica delle disposizioni di cui agli artt. 2505-quater e 2506-ter c.c., nonché dei principi generali dell’ordinamento in or-dine alla disponibilità dei diritti soggettivi (vedi orientamento L.D.3), nelle socie-tà con capitale non rappresentato da azioni è possibile con il consenso di tutti i soci, e di tutti gli eventuali altri soggetti aventi diritto di voto nella decisione di fusione o scissione (usufruttuari e titolari di pegno):
a) derogare ai termini di cui agli artt. 2501-ter e 2501-septies c.c.;
b) dispensare gli amministratori dalla redazione della situazione patrimoniale ex art. 2501-quater c.c. e dalla predisposizione della relazione illustrativa ex art. 2501-quinquies c.c.;
c) rinunciare alla relazione degli esperti ex art. 2501-sexies c.c.
L.D.5 - (DEROGABILITÀ A PARTE DEI PROCEDIMENTI DI FUSIONE O SCISSIONE NELLE SOCIETÀ CON CAPITALE RAPPRESENTATO DA AZIONI - 1° pubbl. 9/08)
In virtù dell’applicazione diretta ed analogica delle disposizioni di cui agli artt. 2505 quater e 2506-ter c.c., nonché dei principi generali dell’ordinamento in or-dine alla disponibilità dei diritti soggettivi (vedi orientamento L.D.3), nelle socie-tà con capitale rappresentato da azioni è possibile con il consenso di tutti i soci (compresi quelli senza diritto di voto o con voto limitato) e di tutti gli eventuali altri soggetti aventi diritto di voto nella decisione di fusione o scissione (usufrut-tuari, titolari di pegno, possessori di strumenti finanziari):
a) derogare ai termini di cui agli artt. 2501-ter e 2501-septies c.c.;
b) dispensare gli amministratori dalla redazione della situazione patrimoniale ex art. 2501 quater c.c. e dalla predisposizione della relazione illustrativa ex art. 2501-quinquies c.c.;
c) rinunciare alla relazione degli esperti ex art. 2501-sexies c.c.
In presenza di obbligazionisti convertibili è necessario anche il loro consenso unanime, oltre a quello dei soggetti di cui sopra, per rinunciare alla relazione degli esperti ex art. 2501-sexies c.c. (vedi orientamento L.A.12).
In detta ultima ipotesi è comunque fatta salva l’integrale applicazione dell’art. 2503-bis c.c.
L.D.6 - (INDIVIDUAZIONE DEI POSSESSORI DI STRUMENTI FINANZIARI CHE DAN-NO DIRITTO DI VOTO LEGITTIMATI AD ESPRIMERE IL CONSENSO DI CUI ALL’ART. 2506 TER, COMMA 4, C.C. - 1° pubbl. 9/08)
Nel procedimento di scissione (e per analogia in quello di fusione), per esonera-re validamente l’organo amministrativo dalla redazione della situazione patri-moniale ex art. 2501-quater c.c. e dalla predisposizione della relazione illustrati-va ex art. 2501-quinquies c.c., non è necessario il consenso di tutti i possessori di strumenti finanziari che diano un qualunque diritto di voto, come letteralmente proposto dall’art. 2506-ter, comma 4, c.c.
I possessori di strumenti finanziari legittimati a prestare il loro consenso sono esclusivamente quelli cui è attribuito uno specifico diritto di voto in ordine alle fusioni o scissioni, ovvero, un più ampio diritto di voto in ordine alle modifiche dell’atto costitutivo o statuto.
In tal senso è infatti interpretata la disposizione di cui all’art. 10 della VI Diretti-va (82/891/CEE) della quale l’art. 2506-ter, comma 4, c.c. costituisce attuazione.
L.D.7 - (CONSENSO DEI SOCI PRIVI DEL DIRITTO DI VOTO PER MOROSITÀ ALLE DEROGHE AI PROCEDIMENTI DI FUSIONE O SCISSIONE - 1° pubbl. 9/08)
Per rinunciare validamente a quelle parti dei procedimenti di fusione o scissione richieste nell’esclusivo interesse dei soci (ad esempio: situazioni patrimoniali, re-lazioni degli amministratori, relazioni egli esperti) è necessario acquisire il con-senso unanime dei medesimi, compreso quello dei soci privi del diritto di voto per morosità (ex artt. 2344, comma 4, e 2466, comma 4, c.c.).
Tali rinunce vengono infatti operate dai soci individualmente e non quali com-ponenti di organi sociali.
L.D.8 - (DEROGA ALLA PUBBLICAZIONE DI CUI ALL’ART. 2503 BIS, COMMA 2, C.C., E APPROVAZIONE A MAGGIORANZA DELLA DELIBERA DI FUSIONE CHE COMPOR-TI MODIFICA DEI DIRITTI SPETTANTI AGLI OBBLIGAZIONISTI CONVERTIBILI - 1° pubbl. 9/08)
In caso di fusione a cui partecipi una società per azioni che abbia emesso in pre-cedenza uno o più prestiti obbligazionari convertibili in azioni, è possibile omet-tere la preventiva pubblicazione dell’avviso di facoltà di anticipata conversione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana ai sensi dell’art. 2503-bis c.c., a condizione che tutti i possessori di obbligazioni convertibili rinuncino all’unanimità a tale preventiva pubblicazione ovvero alla facoltà di conversione anticipata delle obbligazioni in azioni.
Dette rinunce possono avvenire sia prima, sia contestualmente all’assemblea straordinaria dei soci di approvazione del progetto di fusione.
Qualora sia stata omessa la preventiva pubblicazione dell’avviso di facoltà di an-ticipata conversione sulla Gazzetta Ufficiale in seguito ad una delle suddette unanimi rinunce degli obbligazionisti, non servirà nuovamente l’unanimità dei loro consensi per approvare il progetto di fusione, qualora, per effetto della fu-sione stessa, non vengano ai medesimi assicurati diritti equivalenti a quelli loro spettanti prima della fusione, potendo il progetto stesso essere approvato dai ti-tolari di obbligazioni convertibili sempre e soltanto a semplice maggioranza ai sensi dell’art. 2503 bis c.c.
L.D.9 (MODIFICHE AL PROGETTO DI FUSIONE APPORTABILI CON DECISIONE UNANIME DEI SOCI - 1° pubbl. 9/08)
La decisione dei soci in ordine alla fusione può apportare al progetto anche mo-difiche che incidano sui diritti dei soli soci (e non dei terzi), a condizione che tale decisione venga approvata con il consenso di tutti i soci rappresentanti l’intero capitale sociale di ciascuna delle società partecipanti alla fusione ed a condizio-ne che di dette modifiche ne sia stata fatta menzione nell’ordine del giorno con-tenuto nell’avviso di convocazione, ovvero, in mancanza di tale menzione, a condizione che l’assemblea dei soci sia riunita in forma totalitaria.
Stante quanto sopra si ritiene che i soci possano all’unanimità apportare le se-guenti variazioni al progetto:
- modificare le clausole dello statuto della società incorporante o della società risultante dalla fusione;
- modificare il rapporto di cambio, aumentando anche il capitale sociale della società risultante dalla fusione o della società incorporante;
- modificare le modalità di assegnazione delle azioni o delle quote della società risultante dalla fusione o della società incorporante;
- modificare la data dalla quale le azioni o le quote assegnande in concambio parteciperanno agli utili;
- modificare la data dalla quale le operazioni delle società partecipanti alla fu-sione sono imputate a bilancio della società che risulta dalla fusione o della so-cietà incorporante;
- modificare il trattamento eventualmente riservato a particolari categorie di so-ci;
- modificare la data di efficacia fiscale della fusione.
Per converso i soci non possono in sede di decisione di approvazione del proget-to di fusione, nemmeno all’unanimità, apportare modifiche che incidano sui di-ritti di terzi, quali ad esempio:
- diminuire il capitale sociale della società risultante dalla fusione o della società incorporante (nemmeno se ciò derivi da una modifica del rapporto di cambio);
- modificare il trattamento dei possessori di titoli diversi dalle azioni;
- modificare il trattamento eventualmente riservato agli amministratori delle so-cietà partecipanti alla fusione, salvo che tale modifica venga approvata all’unanimità da tutti gli amministratori interessati.
L.D.10 - (SCISSIONE A FAVORE DI SOCIETA’ INTERAMENTE POSSEDUTA E RAPPORTO DI CAMBIO – 1° pubbl. 9/19 - motivato 9/19)
Si deve ritenere che anche nella fattispecie della scissione a favore di una benefi-ciaria preesistente interamente posseduta dalla scissa sia necessario assegnare ai soci della scissa partecipazioni nella beneficiaria in base ad un rapporto di cambio che consenta a tutti i soci delle società coinvolte (dunque anche la scissa quale socio della beneficiaria) di mantenere inalterato il valore complessivo del-le loro partecipazioni (vedi orientamento L.D.1).
Ciò tanto nell’ipotesi di scissione simmetrica quanto in quella di scissione asim-metrica.
Nella prima ipotesi, infatti, le nuove quote della beneficiaria derivanti dall’incremento patrimoniale conseguente alla scissione saranno proporzional-mente assegnate a tutti i soci della scissa.
Nella seconda, dette quote saranno assegnate solo ad alcuni soci della scissa compensando gli altri con maggiori percentuali di partecipazione nella scissa.
Non è invece possibile realizzare una scissione a favore di una società intera-mente controllata dalla scissa prevedendo che nessuna quota della beneficiaria venga assegnata ai soci della controllante (e dunque non venga determinato al-cun rapporto di cambio) sulla base della considerazione che le quote di qualun-que società che ne controlli interamente un’altra non possono subire modifiche di valore per effetto di trasferimenti patrimoniali tra controllante e controllata.
Se così si operasse, infatti, si rispetterebbe la regola della congruità del rapporto di cambio per i soci della scissa ma non per quello della beneficiaria, poiché quest’ultimo (la società scissa/controllante) vedrebbe aumentato il valore della sua partecipazione a causa della mancata assegnazione ai suoi soci di quote del-la beneficiaria; conseguentemente non si rispetterebbe lo schema causale della scissione.
Non si rientrerebbe nemmeno nella fattispecie della scissione asimmetrica, poi-ché anche in detta scissione è necessario mantenere inalterato il valore com-plessivo delle partecipazioni di tutti i soci delle società coinvolte.
Si può quindi affermare che l’assegnazione di parte del patrimonio di una socie-tà ad una sua controllata senza assegnazione di quote ai suoi soci non integri una scissione ma un negozio traslativo (conferimento a capitale o a patrimonio).
Motivazione
Nelle scissioni a favore di società preesistenti in cui siano coinvolte società tra loro indipendenti, cioè società tra le quali non sussiste alcun rapporto di partecipazione, è relativamente semplice definire le ipotesi in cui sia necessario determinare un rapporto di cambio e quelle in cui ciò non sia necessario (scissioni semplificate), posto che in dette opera-zioni è sufficiente confrontare i valori dei patrimoni reali iniziali con quelli finali per individuare il giusto rapporto di cambio.
La semplice regola che all’esito di una scissione nessun socio delle società coinvolte deve risultare più ricco o più povero consente di de-terminare agevolmente quando sia necessario attribuire a determinati soci nuove partecipazioni e quando ciò non lo sia e, conseguentemente, quali possano essere le operazioni semplificate.
Quando però la società scissa sia anche socia di una o più delle so-cietà beneficiarie preesistenti non sempre risulta agevole comprendere come debba essere soddisfatto il rapporto di cambio, poiché attraverso la partecipazione della scissa nella beneficiaria parte del valore del pa-trimonio assegnato dalla prima alla seconda continuerà ad essere da questa “detenuto”.
Nell’ipotesi, poi, in cui la scissa detenga l’intero capitale della benefi-ciaria preesistente la sola vicenda dell’assegnazione di parte del suo pa-trimonio a quest’ultima, senza modifica dei rapporti partecipativi, non determinerebbe mai una diminuzione del suo patrimonio netto reale. Una società scissa che assegni un patrimonio di 1, 100 o 1.000 ad una partecipata al 100% (senza modificare la sua partecipazione) otterrà sempre in cambio il corrispondente incremento di valore di 1, 100 o 1.000 della sua quota nella partecipata.
Restando, dunque, immutato il patrimonio reale della scissa all’esito di una scissione a favore di una beneficiaria preesistente da essa intera-mente posseduta di cui mantenesse la partecipazione totalitaria, potreb-be apparire corretto non prevedere in tale ipotesi l’attribuzione ai suoi soci di partecipazioni nella beneficiaria, posto che quello delle loro par-tecipazioni nella scissa rimarrebbe inalterato.
Così non è.
Se si operasse in tal modo, infatti, le quote di partecipazione della scissa nella beneficiaria aumenterebbero di valore per effetto delle asse-gnazioni patrimoniali da questa effettuate violando in tal modo lo schema causale della scissione.
La circostanza che l’attribuzione ai soci della scissa di tutte le nuove quote della beneficiaria derivati dall’incremento patrimoniale conse-guente alla scissione renderebbe più “povera” la scissa, in quanto a fronte della diminuzione del suo patrimonio non vi sarebbe alcuna asse-gnazione di quote, non deve trarre in inganno sulla correttezza dell’operazione.
Ciò che non deve subire alterazione di valore all’esito di una qualun-que operazione di scissione o fusione è il valore reale di tutte le parteci-pazioni nelle società coinvolte e non quello dei loro patrimoni netti.
Anzi, la modifica di valore dei patrimoni netti delle società coinvolte è la conseguenza naturale di dette operazioni, che possono anche con-cludersi con una diminuzione complessiva dei valori preesistenti (come accade nelle incorporazioni di società controllate).
La mancata assegnazione ai soci della scissa di quote nella beneficia-ria nell’ipotesi di scissione a favore di società interamente posseduta ri-sulterebbe anche contraria al tenore letterale della norma che definisce la fattispecie legale della scissione.
L’art. 2506, comma 1, c.c. dispone infatti che “con la scissione una so-cietà assegna l’intero suo patrimonio a più società, preesistenti o di nuova costitu-zione, o parte del suo patrimonio, in tal caso anche ad una sola società, e le relati-ve azioni o quote ai suoi soci”.
È vero che esistono delle ipotesi di scissione in cui non è possibile o non è necessario assegnare quote della beneficiaria a chicchessia, si trat-ta della scissione a favore di società partecipata dagli stessi soci della scissa e nelle stesse proporzioni e della scissione diretta a favore della partecipante.
Ma in dette ipotesi, in realtà, la mancata assegnazione di quote della beneficiaria non integra una violazione della regola imposta dall’art. 2506, comma 1, c.c. ma, al contrario, la sua corretta applicazione, an-corché adeguata a fattispecie particolarissime in cui il rapporto di cam-bio risulta congruo per tutti i soci delle società coinvolte anche in assen-za di assegnazione di “nuove” quote.
Si deve infine rilevare come l’assegnazione di parte del patrimonio di una società ad una sua partecipata al 100% senza corrispettivo possa avvenire oltre che con una scissione anche con un conferimento (a capi-tale o a patrimonio).
L’unica differenza che sussiste tra le due operazioni, posto che il “trasferimento” patrimoniale è identico, è che all’esito di una scissione i soci della scissa divengono anche soci della beneficiaria mentre all’esito di un conferimento la partecipante continua a rimanere l’unico socio della partecipata.
Tale differenza è quella che giustifica causalmente la diversa disci-plina della scissione rispetto a quella del conferimento: natura non tra-slativa della prima e conseguente mancanza delle garanzie proprie dell’alienante.
Come sarebbe possibile giustificare tale natura se ai soci della scissa non fossero assegnate le stesse partecipazioni che prima della scissione rappresentavano il patrimonio assegnato?
Per quanto esposto nell’orientamento in commento si è affermato che anche nella scissione a favore di società interamente posseduta dalla scissa è necessario assegnare, ai soci della scissa, quote nella beneficia-ria secondo un rapporto di cambio congruo.