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H.J.1 - (ESERCIZIO DI VOTO DEGLI STRUMENTI FINANZIARI - 1° pubbl. 9/04)
Qualora gli strumenti finanziari siano dotati di diritto di voto su argomenti speci-ficatamente indicati, normalmente devoluti alla competenza dell’assemblea dei soci (ad esempio la modifica dell’oggetto sociale), detto diritto di voto viene esercitato nell’assemblea dei soci all’uopo convocata e non in un’assemblea spe-ciale. Infatti la previsione del comma 6 dell’art. 2346 c.c., che vieta la possibilità di emettere strumenti finanziari aventi diritto di voto nell’assemblea generale degli azionisti, deve essere interpretata come divieto di abbinare agli strumenti finanziari il diritto di voto “generale” e non anche come divieto di esercitare nell’assemblea generale degli azionisti il diritto di voto “speciale” eventualmente attribuito ai sensi del comma 5 dell’art. 2351 c.c.
È fatta comunque salva la possibilità di prevedere statutariamente che gli stru-menti finanziari aventi diritto di voto su argomenti di competenza dell’assemblea dei soci esercitino detto diritto in un’assemblea speciale. È in ogni caso necessario che lo statuto determini il peso del voto spettante ai porta-tori degli strumenti finanziari.
H.J.2 - (QUORUM ASSEMBLEARI E STRUMENTI FINANZIARI - 1° pubbl. 9/04)
Nel caso esistano portatori di strumenti finanziari dotati di diritto di voto da esercitarsi nell’assemblea dei soci su argomenti specificatamente indicati, della loro presenza si dovrà tenere conto ai fini della regolare costituzione di un’assemblea totalitaria avente ad oggetto detti argomenti.
H.J.3 - (STRUMENTI FINANZIARI E ASSEMBLEE SPECIALI - 1° pubbl. 9/04)
Nonostante l’art. 2376, comma 1, c.c., preveda espressamente l’obbligo dell’assemblea speciale solo per gli strumenti finanziari che conferiscono (anche) diritti amministrativi, è da ritenere che tale obbligo sussista anche nel caso di strumenti finanziari che attribuiscano solo diritti patrimoniali.
H.J.4 – (DETERMINAZIONE DEL LIMITE DEL 10% DEL PATRIMONIO NETTO PER L’ISTITUZIONE DI UN PATRIMONIO DESTINATO - 1° pubbl. 9/20 – motivato 9/21)
Nel valutare il rispetto del limite del 10% del patrimonio netto della società di cui all’art. 2447-bis, comma 2, c.c. si deve tener conto soltanto del valore com-plessivo dei beni e dei rapporti giuridici facenti capo alla società che la stessa se-grega in uno o più patrimoni destinati, mentre non vanno computati nel relativo calcolo gli elementi patrimoniali apportati da soggetti diversi, siano essi soci o terzi, in quanto la destinazione in via esclusiva di tali apporti allo specifico affare non comporta alcun pregiudizio per i creditori generali della società.
Motivazione
Introducendo nella disciplina della società per azioni l’istituto dei pa-trimoni destinati in via esclusiva ad uno specifico affare di cui all’art. 2447-bis, comma 1 lett. a) c.c., il Legislatore della Riforma del diritto societario (D.Lgs. 17 gennaio 2003, n. 6) ha previsto, in via generale e senza ricorrere ad una dissociazione soggettiva, la possibilità che in re-lazione a determinati beni e rapporti giuridici ricompresi nel patrimonio sociale si produca un duplice effetto, consistente da un lato nella sogge-zione funzionale ad uno scopo (la realizzazione dello specifico affare) e, dall’altro, nella segregazione patrimoniale endosocietaria a garanzia delle sole obbligazioni contratte in relazione allo specifico affare, in de-roga ai principi della responsabilità patrimoniale del debitore e della par condicio creditorum consacrati negli artt. 2740 e 2741 c.c..
Al comma 2 dell’art. 2447-bis c.c. il Legislatore delegato ha altresì previsto un limite quantitativo alla costituzione del patrimonio destina-to c.d. operativo, fissando nel 10% del proprio patrimonio netto il valo-re massimo complessivamente destinabile dalla società a specifici affari.
Il rispetto del suddetto limite legale dev’essere valutato al momento della costituzione del patrimonio destinato (o della successiva modifica del patrimonio destinato già costituito), sulla base del rapporto tra il va-lore netto del patrimonio destinato (attività – passività destinate) e il va-lore del patrimonio netto della società (lettera A del passivo dello stato patrimoniale, ai sensi dell’art. 2424 c.c.), non rilevando variazioni di va-lore successive tanto del patrimonio destinato, quanto del patrimonio netto della società (Campobasso; Codice Abriani; Maffei Alberti; Nicco-lini Stagno d’Alcontres; De Ritiis; CNN Studio 2006; CNN Quesito 40/2017).
La ratio dell’apposizione di tale limite legale è rinvenuta dalla dottri-na prevalente (Codice Abriani, Maffei Alberti; Arlt; Inzitari; Nocera; De Ritiis; CNN Studio 2006; CNN Quesito 40/2017) nell’esigenza di stabi-lire un rapporto certo ed equilibrato tra il patrimonio netto della società ed il patrimonio destinato, affinché la deroga ai principi di cui agli artt. 2740 e 2741 c.c. derivante dall’effetto segregativo connesso alla destina-zione non pregiudichi eccessivamente i creditori generali della società, i quali hanno riposto il loro affidamento anche sulle risorse oggetto di destinazione.
Parte della dottrina ritiene quindi che il mancato rispetto del limite in parola non comporti l’inefficacia della delibera costitutiva, ma integri un mero motivo di opposizione ai sensi dell’art. 2447-quater c.c., nella misura in cui si traduca in un effettivo pregiudizio per i creditori della società (CNN Quesito 40/2017, Codice Abriani e Maffei Alberti citano Terrusi).
Individuata condivisibilmente nella tutela degli interessi dei creditori sociali anteriori alla destinazione, la ratio del suddetto limite quantitati-vo non sussiste, dunque, con riguardo agli apporti al patrimonio desti-nato da parte di soggetti diversi dalla società (siano essi soci o terzi) di cui all’art. 2447-ter, comma 1, lett. d), c.c. nemmeno se privi del diritto di rimborso, poiché su di essi i creditori generali della società non pos-sono aver riposto alcun affidamento. In altri termini, la destinazione in via esclusiva di tali apporti allo specifico affare non comporta una di-minuzione della garanzia patrimoniale generica dei creditori sociali, i quali non patiscono pertanto alcun pregiudizio.
Conferma se ne trae dalla mancata estensione del limite legale al modello di patrimonio destinato di cui alla lett. b) dell’art. 2447-bis c.c., di carattere finanziario, in relazione al quale la segregazione patrimo-niale non ha ad oggetto risorse della società e, conseguentemente, non vi è rischio di pregiudizio per i creditori generali della società.
Infine anche il tenore letterale della norma di cui all’art. 2447-ter c.c., che prevede alla lett. b) “i beni e rapporti giuridici compresi in tale pa-trimonio” e alla lett. d) “gli eventuali apporti di terzi”, prova che gli ap-porti della società e gli apporti dei terzi sono suscettibili di valutazione separata.